Scampato pericolo. L’accorpamento si farà. La Camera di Commercio di Ragusa, con cui a un certo punto nessuno degli altri enti camerali siciliani sembrava volesse più avere rapporti, almeno ai fini di concretizzare quanto recita la legge dello Stato che mira a garantire maggiori economicità (ma il caso della Provincia, ormai ex, regionale di Ragusa insegna che non sempre è così), sarà accorpata con quelle di Catania e Siracusa.
In questo senso la firma nel capoluogo etneo dell’accordo propedeutico che svilupperà questo percorso tra i presidenti dei tre enti, Peppino Giannone per Ragusa, Ivan Lo Bello per Siracusa e Roberto Rizzo (commissario straordinario) per Catania. Manca all’appello solo Messina ma dovrebbe trattarsi di una mera formalità. Cosa cambierà nell’immediato? Molto.
Quello che più salta agli occhi è che, dopo aver perso la Provincia e l’Asi, l’area iblea rinuncerà anche alla Camera di commercio che, finora, aveva sempre fornito spunti di un certo interesse oltre a possedere un bilancio assolutamente sano. Continua, senza un attimo di sosta, il tentativo di snaturare il territorio ibleo, di penalizzarlo ancora di più, di trasformare quella che un tempo era l’isola felice in una landa desolata. Vittime del complottismo? Per carità, ce ne guarderemmo bene.
Ma i fatti parlano da soli. Ragusa, e per Ragusa intendiamo l’intera area iblea, non avrà più voce in capitolo neppure per potersi soffiare il naso. Dovrà sempre passare il permesso agli altri. Schiacciati dalla spending review e dalla globalizzazione. E tutto rischia di passare sotto silenzio. Come se fosse la cosa più normale del mondo. L’orgoglio ibleo? Da qualche parte ci sarà pure. Ma, per il momento, è merce difficile da trovare.