Il petrolio in provincia di Ragusa è destinato a portare nuovi e significativi investimenti. Parola di Massimo Barbieri, presidente e ad di Enimed, che, durante un confronto aperto organizzato per parlare della permanenza futura e dei reali investimenti della società nell’area iblea, ha snocciolato cifre e prospettive. Imprenditori di piccole e medie aziende del territorio hanno preso parte numerosi alla presentazione. L’appuntamento ha, infatti, costituito l’occasione per conoscere e approfondire le operazioni che Enimed porta avanti nella Regione e in particolare nel Ragusano.
E’ stato ricordato che Enimed è una società controllata da Eni che effettua attività di ricerca e produzione idrocarburi Eni in Sicilia, e che da 14 concessioni di coltivazione produce circa 6,8 milioni di barili equivalenti di idrocarburi liquidi e gassosi all’anno. Le principali concessioni di coltivazione di giacimenti ad olio si trovano nelle aree di Gela e di Ragusa. I rappresentanti di Enimed hanno comunicato che l’azienda, all’interno del protocollo di Gela, prevede di effettuare investimenti complessivi pari a 1,8 miliardi di euro (su un totale di 2,2 miliardi euro) nell’arco di 4 anni per la messa in produzione di nuovi giacimenti di gas, la perforazione di 7 nuovi pozzi esplorativi e il mantenimento dei livelli di produzione dei campi ad olio e gas esistenti ormai maturi, con interventi di ottimizzazione della produzione. E’ chiaro che a fronte di tali investimenti, come ha dichiarato anche il presidente di Confindustria Ragusa, Enzo Taverniti, importanti potrebbero essere gli sviluppi economici e occupazionali anche per l’indotto ragusano, e pertanto, su richiesta degli associati, e grazie alla disponibilità di Enimed, è stato programmato per le prossime settimane un secondo incontro, durante il quale sarà presentato il processo di qualifica e di accreditamento da seguire per diventare fornitori di Eni”.
Nell’incontro, infine, sono state descritte in dettaglio le principali attività di Enimed e le tecnologie utilizzate nel campo della salvaguardia e del monitoraggio ambientale, a conferma dell’attenzione e dell’impegno della società e della completa sostenibilità delle attività che essa conduce nel territorio. L’evento si è concluso con una partecipata sessione di domande e risposte. La questione torna a fare, dunque, discutere. Nei mesi scorsi erano stati anche alcuni sindacati a prender posizione sulla vicenda, in particolare la Uil, sottolineando la necessità di non demonizzare a tutti i costi la ricerca petrolifera in quanto porterebbe beneficio al territorio ibleo. Piuttosto si dovrebbero verificare meglio le modalità di ricerca in modo da garantire il pieno e sicuro rispetto dell’ambiente.
Sull’altro fronte le associazioni ambientaliste, Legambiente e comitato No Triv in primis, che temono per la salvaguardia del territorio e dell’ambiente. Soprattutto manifestano la propria contrarietà alle ricerche petrolifere in mare perché potrebbero irrimediabilmente danneggiare il mare e la costa in caso di perdite del greggio. Anche sulla terraferma se non vi sono adeguate precauzioni, dicono sempre gli ambientalisti, potrebbero essere contaminate le falde acquifere.