Cos’hanno in comune fagioli, arachidi, noci, lische di pesce, semi di uva, caramelle, mozzarelline e hot dog? Poco o nulla, in apparenza. Eppure per i bambini – soprattutto tra 0 e 3 anni – sono proprio questi gli alimenti più pericolosi. Piccoli, colorati e invitanti, se inalati questi cibi possono portare al soffocamento o a infezioni del tratto respiratorio.
Il soffocamento è una delle principali cause di decesso nei bambini con meno di 36 mesi. Secondo uno studio del 2003 ogni anno nell’Unione Europea gli incidenti di questo tipo sono circa 50.000 e nell’1 per cento dei casi hanno conseguenze fatali. Che i bimbi tendano a mettere in bocca qualsiasi cosa è un fatto noto a tutti, tanto che l’Unione Europea ha introdotto da anni regole stringenti sui giocattoli, che per essere immessi sul mercato non devono avere né parti staccabili né dimensioni tali da poter essere ingeriti o inalati. Regole efficaci che hanno abbattuto il numero di casi di soffocamento. Per il cibo, però, non è così facile. Al contrario dei giocattoli, i prodotti alimentari non sono destinati solo ai bambini e soprattutto non vengono prodotti in serie. Il problema è che il 65-75% degli incidenti in Europa sono provocati dal cibo.
Ma se è vero che il primo passo per risolvere un problema è averne consapevolezza, cosa sappiamo degli incidenti legati all’ingestione di cibo nei bambini? Molto poco. Su questo tema l’Unione Europea è un passo indietro rispetto agli Stati Uniti: non ci sono norme di etichettatura in merito né sono state pubblicate linee guida o campagne informative per sensibilizzare i genitori. Perché un’arachide, una mozzarellina o un pop-corn non possono essere lasciati incustoditi alla portata di un bebè. Per qualcuno è ovvio, per molti no. È per questo che Dario Gregori, responsabile dell’unità biostatistica, epidemiologia e sanità pubblica della scuola di medicina di Padova, ha messo in piedi un registro mondiale per tenere traccia degli incidenti da corpo estraneo nel mondo. Il Susy Safe Project (Surveillance System on Foreign Body Injuries in Children) è partito nel 2004 e, grazie alla collaborazione di ospedali in 48 paesi diversi finora ha registrato oltre 23.000 incidenti in tutto il mondo, di cui oltre 8.000 solo nell’Unione Europea. Il numero reale è in realtà molto più alto, solo che la maggior parte delle volte non c’è bisogno di andare in ospedale e il caso non viene registrato: si stima che su 80 incidenti da corpo estraneo, solo uno arrivi a coinvolgere il sistema sanitario nazionale.
Se è piccolo, occhi aperti. Nel 2012 sulle riviste International Journal of Pediatric Otorhinolaryngolody e Pediatric Pulmonology sono stati pubblicati gli ultimi aggiornamenti del registro Susy Safe, che ha suddiviso le segnalazioni tra Paesi ad alto reddito e basso-medio reddito. La categoria “nuts” (nella quale rientrano noci, noccioline, arachidi e simili) domina la classifica degli incidenti causati da corpo estraneo con oltre 6.300 casi complessivi. Nei paesi a basso reddito sono numerosi anche i casi di ingestione o inalazione di “semi” (quasi 3.000 contro i 690 dei paesi più ricchi) e legumi (1.300 casi contro 33). Ossa, ossicini e pop-corn sono invece più ricorrenti dove il reddito medio è più alto. Insomma, tra frutta secca e pop-corn se c’è un momento nel quale dobbiamo tenere gli occhi bene aperti e vigilare sui nostri bimbi, quello è l’aperitivo. Ma non solo: il registro Susy Safe annovera anche alimenti che da sempre consideriamo “baby-friendly”come le carote, con 140 casi registrati nei paesi più ricchi. Buone e sane, ma se tagliate a rondelline, anche le carote possono provocare occlusioni. Poi – ma questo riguarda i bambini un po’ più cresciuti – c’è il “perfect killer”, cioè l’hot-dog. La sua forma sembra fatta apposta per incastrarsi, conformandosi, nell’ipofaringe senza lasciar passare un filo d’aria.
Il registro Susy Safe non si limita a contare gli incidenti e gli alimenti che li hanno scatenati, ma analizza anche le conseguenze. Una volta ingeriti o inalati, questi pezzetti di cibo finiscono principalmente nei bronchi. “Questo accade per un banale fatto anatomico” spiega il professor Dario Gregori. “Una volta aspirato e passato al parte alta oro-faringea, il corpo estraneo ‘finisce la corsa’ proprio nei bronchi”. Oppure possono fermarsi nel tratto laringo-tracheale o, con meno probabilità, nel naso. Per tutti i cibi il rischio più comune è quello di soffocamento. Questa è la principale paura di tutte le mamme e i papà, ma fortunatamente è anche un’eventualità più rara i cui sintomi sono palesi: tosse, cianosi, difficoltà a deglutire. C’è poi un altro rischio per la salute, meno evidente, che è quello delle infezioni al tratto respiratorio o dei polmoni. Il principio è semplice: se il corpo estraneo è piccolo, non causa un’ostruzione completa e quindi non provoca soffocamento. Ma se inalato potrebbe comunque passare attraverso i bronchi e originare infezioni, il cui principale sintomo è la febbre. Qui entra in campo la vigilanza dei genitori: se il bambino inala dei semini di uva senza che nessuno se ne accorga, possono volerci giorni o addirittura settimane prima di ottenere una diagnosi corretta che spieghi la febbre. Del resto se un bambino ha la febbre, l’inalazione di un corpo estraneo non è esattamente la prima cosa a cui si pensa. Ma perché differenziare i Paesi per ricchezza? “Le situazioni di basso reddito sono a maggior rischio incidenti – spiega Gregori – perché questi eventi sono molto legati all’educazione delle famiglie e alla loro capacità di attivare semplici ma efficaci metodi di prevenzione”. Non a caso i paesi più ricchi hanno segnalato meno incidenti (quasi 7.000) rispetto a quelli meno abbienti, dove i casi sono stati oltre 16.000.
Consigli (o buon senso). Come spiega al telefono il professor Gregori “non si tratta di dare o non dare un alimento ai bambini, ma di come darglielo”. Non è possibile eliminare il rischio, ma ridurlo in modo anche drastico sì, quello si può fare. Negli Stati Uniti la American Pediatric Academy ha già diramato delle linee guida per le famiglie ed è riuscita a ottenere qualche risultato persino dall’industria alimentare, con alcune aziende che hanno iniziato a produrre hot-dog che si sciolgono in bocca, limitando il rischio di soffocamento. In Europa non è così. In assenza di campagne di prevenzione per il momento tutto è lasciato alla buona volontà delle famiglie. “Ed è proprio sull’educazione ai genitori che dobbiamo puntare”, spiega Gregori, “i dati a disposizione della comunità scientifica internazionale, grazie anche al contributo del registro, sono molti e più che sufficienti per informare adeguatamente i cittadini. Una campagna di prevenzione, soprattutto rivolta ai comportamenti preventivi da tenere riguardo agli alimenti è urgente e opportuna”.
Cinque regole d’oro. Con l’aiuto del professor Dario Gregori abbiamo ricavato cinque consigli utili per i genitori di bambini dai 0 ai 14 anni, con particolare riferimento ai primi 48 mesi di vita. Ai bambini sotto i 4 anni di età cercare di evitare: caramelle dure, gomme da masticare, arachidi e altri alimenti simili; ai bambini sotto i 4 anni di età, alcuni cibi vanno preparati con attenzione: chicchi d’uva, mozzarelline, pomodorini, hot-dog e simili vanno tagliati in senso longitudinale. Le carote devono essere tritate; senza limiti di età, non lasciare che i bambini giochino (magari correndo) mentre mangiano; prestare attenzione durante l’alimentazione del bambino. Circa il 60% degli incidenti avviene per una supervisione “passiva” dell’adulto (è presente ma non attento); tenersi aggiornati sul tema della sicurezza, in modo da applicare le linee guida e i suggerimenti, anche rispetto a rischi emergenti, in modo tempestivo. Il modo migliore di farlo è contribuire alla ricerca segnalando casi, anche risolti spontaneamente, sui registri disponibili. L’associazione Trenta Ore per la Vita, che collabora con il progetto Susy Safe, ha realizzato anche un corso online sulle manovre di disostruzione in età pediatrica pensato per genitori e nonni. In caso di soffocamento, il primo soccorso può salvare la vita di un bambino.
La missione. Fornire all’Unione Europea i dati e le basi scientifiche per poter decidere e legiferare. Questo è l’obiettivo del Susy Safe Project, che nel frattempo continua a crescere: nel 2014 hanno aderito al registro anche Thailandia e Bosnia. Anche per questo il Susy Safe ha già ricevuto fondi dalla Commissione Europea in due progetti dal 2005 al 2010 per un totale di 215.000 euro. La Commissione ha fatto sapere a National Geographic di non essere più coinvolta nel progetto, che ora vive grazie al supporto della Onlus ProChild. Il database mondiale – a disposizione di tutti – si trova “fisicamente” nei server dell’università di Padova. Le eccellenze italiane sono anche queste.
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