La chiamano la strada della morte. Quello accaduto qualche giorno, in cui ha perso la vita l’autista dell’Asp Angelo Baglieri, è solo l’ultimo di una serie di episodi, più o meno tragici, che mettono in rilievo la pericolosità del tratto terminale di via Ettore Fieramosca, quello che, per intenderci, insiste dalle parti dello svincolo per la superstrada con Catania, in direzione Santa Croce Camerina, dove, tra l’altro, sorge anche l’accesso per una città nella città, quella che si trova nei lotti edilizi compresi tra le vie Ramelli e Cutrone.
L’episodio funesto che è costato la vita a Baglieri non ha lasciato indifferenti i residenti della zona che a più riprese, negli ultimi anni, avevano evidenziato la pericolosità di questo tratto di strada, dove le auto scorrazzano a velocità assurde, dimentiche del fatto che si trovano, comunque, in una zona abitata e che quindi ci sono dei limiti da rispettare. Residenti che hanno preso carta e penna e stanno animando una petizione pronta ad arrivare a palazzo dell’Aquila. Per spingere il Comune ad adottare misure drastiche nonostante la polizia municipale confermi che questo, come altri siti pericolosi di Ragusa, sono sottoposti periodicamente ad un attento monitoraggio.
Impossibile, dicono dall’assessorato al ramo, controllare 24 ore su 24 le zone in questione perché non c’è, com’è ovvio, personale a sufficienza. Ma le misure adottate attraverso le periodiche incursioni con telelaser e autovelox dovrebbero servire a calmare i bollenti spiriti. Almeno quelli di molti se non, addirittura, di tutti. Purtroppo, fino a quando continua a scapparci il morto significa che non tutto quello che era possibile fare è stato fatto. E a proposito di missioni impossibili, almeno a prima vista, vale la pena di rammentare, in questo senso, quanto accaduto nel tratto che dalla rotonda dell’incrocio per Chiaramonte, siamo nella zona terminale di viale delle Americhe, conduce sino all’uscita della città per andare a Comiso.
Come molti ricorderanno, in passato questa zona, prima che venisse effettuata la ristrutturazione viaria, era teatro di numerosi incidenti stradali, alcuni dei quali, purtroppo, con esito mortale. Sono numerose le famiglie che piangono i loro morti perché prima esisteva soltanto una carreggiata con infiniti accessi laterali, che davano sulle pertinenze delle varie aziende di cui è disseminata la zona, generatori, giocoforza, di situazioni rischiose. Rischi che si correvano all’ordine del giorno e che, sovente, determinavano sinistri a volte, come detto, anche spiacevoli.
Dopo che, però, fu ristrutturato l’intero piano viario, con la creazione delle bretelle laterali e di un’unica sede stradale senza incroci (parliamo dell’asse centrale), gli incidenti, per miracolo, cessarono. E oggi si contano sulle dita di una mano e, soprattutto, nessuno ha avuto esito mortale. Cosa significa? Vuol dire che la possibilità di migliorare taluni tratti delle rete viaria esiste sempre, le soluzioni ci sono. Mancheranno i soldi, si dirà. Ma come si possono fare discorsi del genere davanti alla prospettiva di salvare anche solo una vita umana? Ecco, dovrebbe essere questo l’impegno, reale e concreto, che chi ci amministra dovrebbe essere capace di assumere. Cominciare a mettere in sicurezza i pericoli esistenti è un dovere, non è solo una necessità.
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