Un’infanzia normale, un lungo amore giovanile, un matrimonio, un figlio e un divorzio. Più facile da scrivere che da vivere la vita di una donna che ragazza madre in una città di comunque sposati, prova a ricominciare. Figlio, famiglia e amici la aiutano ad affrontare una quotidianità segnata anche dai contrasti con l’ex marito. E poi un giorno arriva lui: I. T., 34 anni, bello e rampante. L’estate del 2005 esplode in una storia d’amore con lui. Intensa, piacevole ma breve. Sei mesi.
Lei lo lascia nel febbraio del 2006. Lui non è d’accordo. Si configura la fine classica di un rapporto che lui vuole continuare anche se a senso unico. Lei non si lascia convincere, ma non vuole inasprire I. T. la cui insistenza sembra piuttosto anomala. Tenutario di segreti indicibili il telefono cellulare: squilli insistenti, sms di ogni tipo e email. Lei risponde a toni alterni, lui si supera. Così quando i toni di lei diventano intolleranti e quelli di lui minacciosi, pensa bene di rubarle il cellulare. Si presenta all’uscita della scuola del figlio di lei e si appropria del suo telefono. Lui nega. Alcuni giorni dopo il telefono rispunta nella cassetta della posta: mancano i messaggi più compromettenti. E’ il 19 giugno del 2006. Lei dice basta e lo denuncia. Come trasmettere l’ansia, la paura, i battiti del cuore che aumentano e il sudore freddo che t’imperla la fronte ogni volta che senti squillare il telefono o avverti il bip del messaggio e sai già che è lui? Come spiegare gli inutili tentativi di fare ragionare con calma, con affetto e infine con rabbia uno che non ti ascolta? E ti chiedi dove e cosa hai sbagliato. Potrebbe avere mille altre donne, perché insistere con te che non lo vuoi più? La vita diventa un incubo. Le giornate hanno un colore cupo. Ci sei, il tunnel della sua presenza e tutt’intorno, gli altri. Quelli a cui I. T. racconta che a lasciarla è stato lui e lei che, possessiva e gelosissima, avrebbe fatto qualunque cosa pur di trattenerlo. Il 24 giugno le scrive: «Entro martedì deposito 3 denunce a tuo carico…hai tre giorni di tempo per conferire con me. Dopo solo in Tribunale. Fatti un favore, evitati questo calvario». Sicuro di sé, spavaldo e onnipotente. Si ritiene un intoccabile. E l’intorno gli crede. Del resto, come non credere che I. che non è brutto, né sporco e nemmeno immigrato, sia solo un bel ragazzo perseguitato da donne desiderose di portarlo all’altare? Invece le donne, almeno due, lo portano in Tribunale. Così mentre lei si trova un avvocato e reagisce, lui continua imperterrito a minacciarla e a infagarla con tutti. Nessuno gli crede. Nemmeno i giudici.
«A conclusione dell’istruttoria dibattimentale può quindi dirsi provato che il presente giudizio rappresenta un esempio scolastico di condotta che oggi viene indicato come stalking» recita la sentenza di primo grado in cui è condannato a 2 anni (1 anno e 8 mesi di condono perché reati antecedenti al maggio 2006) per furto, per avere offeso la reputazione della sua ex e per violenza privata. Dovrà, oltre alle spese legali, pagare 10 mila euro di risarcimento.
Sono passati tre anni e potrebbe essere la fine di un incubo. Invece no. Niente scuse né ripensamenti. Anzi. I. T. ricorre in Appello e 8 giorni dopo la sentenza non possiede più nulla. Nel frattempo il processo di un’altra ex, fotocopia di questo, si conclude con la prescrizione dei reati. Nessuna sentenza, nessuna giustizia. Ci vogliono altri tre anni perché il Tribunale di Catania confermi la condanna riducendola a 1 anno con 9 mesi di condono. Peccato che il giudice dimentichi di depositare la sentenza fino al 3 luglio 2014 nonostante la legge imponga il limite di 90 giorni. Intanto lei ha un’altra vita, I. T. intreccia altre storie. Aspettando la Cassazione, ha una vita pubblica particolarmente attiva. Il 21 maggio del 2015 la Cassazione dichiara inammissibile il suo ricorso e lo condanna in via definitiva: I. T. dovrà scontare 3 mesi senza condizionale per tentata violenza privata e furto. Difficile recuperare il risarcimento, impossibile dimenticare di averlo conosciuto. Probabile che la condanna sia una lezione per lui e ossigeno per le vittime. Perché oggi lo stalking è un reato «odioso».