Disarticolata un’ associazione a delinquere transnazionale che operava in Nigeria, Libia, Italia ed altri paesi europei, al fine di comprare delle giovani donne nigeriane, spesso minorenni, per costringerle a prostituirsi per pagare un debito inesistente sotto la minaccia di esercitare su di esse i malefici dei riti voodoo alle quali erano state sottoposte prima della partenza. La polizia di Ragusa ha fermato quattro persone, tre donne e un uomo, che farebbero parte di tre gruppi che gestivano una tratta di giovani donne nigeriane fatte arrivare clandestinamente in Italia e poi avviate alla prostituzione. Le donne giunte a Pozzallo, una volta sbarcate, sono state ascoltate dalla Squadra Mobile di Ragusa che ha dato inizio ad una complessa attività d’indagine.
Durante le catture in diverse regioni d’italia, sono state liberate alcune ragazze vittime della tratta di esseri umani.
si tratta di uno dei pochi casi di tratta di esseri umani contestati agli indagati, in quanto il reato è difficilissimo da provare per la mancanza di gravi indizi da raccogliere nei paesi stranieri, cosa che in questo caso è stata realizzata, tanto che i diversi Gip competenti per territorio hanno convalidato i fermi disposti dalla Procura della Repubblica distrettuale antimafia di Catania.
La Procura della Repubblica di Catania ha emesso un decreto di fermo che la Squadra Mobile di Catania ed il Servizio centrale Operativo hanno eseguito a Novara nei confronti di OGAGAOGHENE Ejiro Oghene intesa “Faith”, nata il 22.12.1991 in Nigeria e OJU Ogaga Oghene, nato il 12.11.1983 in Nigeria; a Ferrara nei confronti di OBOH Angela, nata il 20.10.1987 in Nigeria; a Napoli nei confronti di IZOGIE Felicia Kelechi intesa “Eva”, nata il 12.12.1988 in Nigeria.
Le 4 persone indagate (un uomo e tre donne) sono state fermate in quanto gravemente indiziate dei delitti di cui agli artt. 416, 1^ e 6^ comma c.p. per avere, unitamente ad altri soggetti, allo stato ignoti, costituito e promosso un’associazione dedita alla tratta di giovani donne nigeriane, illegittimamente introdotte nello Stato italiano al fine di avviarle alla prostituzione, reato aggravato dal carattere transnazionale dell’associazione, operante in più Stati (Libia, Nigeria e Italia). Alle stesse è stato altresì ascritto il reato di tratta di persone di cui all’art. 601 c.p.
L’attività di indagine trova il suo atto di impulso dalle dichiarazioni rese una giovane ragazza nigeriana la quale, dopo essere sbarcata a Pozzallo, decide di denunciare l’organizzazione che l’aveva contattata in Nigeria prospettandole la possibilità di trasferirsi e lavorare in Europa ed organizzandole il viaggio. Lasciandosi conquistare dalla ‘chimera’ di una vita migliore decide di affrontare il lungo viaggio che, dopo lunghe ed articolate peripezie, tra le quali la segregazione da parte di un gruppo di libici ed il riscatto da parte di un referente libico dell’associazione, la porterà in Italia.
Sulla scorta di tale denuncia vengono intercettate le utenze che erano state indicate alla ragazza –e sulla quali avrebbe dovuto contattare i soggetti una volta giunta sul territorio dello Stato- e da tale attività emerge l’esistenza di tre sodalizi, composto da soggetti (molti dei quali allo stato ignoti) stabilmente organizzati per reclutare le ragazze in Nigeria, pianificare il viaggio per raggiungere le coste della Libia ed, in seguito, quelle siciliane, dove le ragazze, mediante l’intervento di sodali operanti in Italia, venivano prelevate ed avviate alla prostituzione.
Il debito che le ragazze contraggono, costituito dal costo del viaggio, viene quantificato in una somma spropositata pari a circa 35.000 euro, di guisa che per potere estinguere tale debito attraverso l’attività di meretricio, le ragazze restano schiavizzate a tempo indeterminato.
Le attività tecniche fanno emergere che per assicurarsi la sottomissione delle vittime, l’organizzazione sottopone le stesse a rito Voodoo o comunque minaccia i parenti residenti in Nigeria, prospetta, infine, alle stesse vittime la sottoposizione al rito voodoo utilizzando le fotografie che si fanno rilasciare dalle vittime prima di intraprendere il viaggio.
Dall’ascolto delle conversazioni emerge che numerose sono le vittime cadute nella rete organizzativa, ancorchè non identificate, peraltro in sede di esecuzione del fermo a Novara è stata identificata altra vittima che ha riportato la sua vicenda in maniera pressochè conforme a quella resa dalla denunciante. Altre due vittime sono state identificate mediante il raffronto dei nominativi indicati nelle conversazioni e quelli risultanti dall’elenco dello sbarco ( di cui si parla sempre nei colloqui telefonici).
I Giudici per le indagini preliminari di Novara, Ferrara e Napoli hanno convalidato i fermi ed applicato le misure cautelari detentive richieste, rimettendo gli atti per competenza alla Procura presso il Tribunale di Catania.