Zygmunt Bauman è uno dei filosofi e sociologi contemporanei più apprezzati e riconosciuti per il pensiero geniale e creativo sul mondo attuale. Il 19 novembre ha compiuto 90 anni e ho creduto valido dare il mio incipit in questa rubrica omaggiandolo e presentandolo in quello che è secondo me uno dei suoi lavori più apprezzati sull’osservazione della società attuale, ovvero la Liquidità dei tempi moderni, una metafora per descrivere la fase attuale del nostro tempo che ha messo fine ad un posto stabilizzato e rassicurante nel mondo.
In Modernità Liquida, (Edizioni Laterza 2000), Bauman sostiene che la modernità “solida”, fatta dalla stabilità del Lavoro, dello Stato, dei Partiti, della Chiesa, della Giustizia, si sia passati alla modernità “liquida”, imposta dalla globalizzazione, dalla precarietà del lavoro, dall’antipolitica, dalla crisi della chiesa, dall’incapacità giuridica della giustizia. Se ieri esistevano tali punti di riferimento solidi, oggi si assiste ad una “liquidità” che non consente più alle persone di avere un punto fisso nel mondo. Questo libro presenta già nel titolo quella che è una valida metafora, presa in prestito dalla fisica, sul tempo che stiamo vivendo, per descrivere la nostra società:
[…] ho usato la metafora della liquidità per una caratteristica di base dei liquidi fluidi, essi non
possono mantenere una forma da soli, hanno una coesione interna, un’integrazione, un’attrazione
davvero minima. Così finché non li metti in contenitori, in forme esterne, non conservano la stessa
forma per molto tempo. E questa è esattamente la caratteristica della nostra vita. Non puoi affidarti a qualcosa che conservi la propria forma finché non le metti qualcosa intorno.
Il risultato è la creazione di un individuo che soffre l’ansia di vivere sia insieme agli altri che da solo, un’ansia che non gli permette quindi di stare a lungo bene in nessuna modalità se non in quella egoistica ed egocentrica, riempendola di passioni tristi che cancellano i sentimenti positivi della fiducia, della pietà, della compassione e “riempiono” di senso di vuoto e smarrimento sia personale che quindi nelle relazioni. Fra le passioni tristi troviamo certamente un progresso tecnologico con una conseguente perdita dei valori, di coscienze e di rapporti interpersonali. L’ansia di riempire una solitudine che non si sa come colmare e che maldestramente si riempie in modo bulimico di cose, di eventi, di show che, calato il sipario, riconducono sempre e solo a se stessi, frantumati, bucati, liquefatti, subito in cerca di un altro contenitore.
Aggiungo che lo sguardo sempre chino sullo smartphone ultimo modello, il dito sempre più lungo e piatto per pigiare meglio su queste cose offerte da una luce bianca e fredda, sembrano essere il nuovo totem, per dirla freudianamente, che ci permette un consumo smart con persone che non si conoscono dentro non luoghi, come centri commerciali, aeroporti, o piazze virtuali come le chat, luoghi per l’appunto senza nessun senso. In questa modernità inafferrabile e poco definibile che ci lascia sospesi fra gli stati dell’essere bisogna andare alla ricerca di cosa ci contenga o di ciò che ci ri-trasformi? Non lasciandoci prendere dall’ansia dell’attesa, continuiamo ad adeguarci ai tempi moderni.