Vi chiedo scusa umilmente, a voi principalmente, genitori e parenti di figli dispersi, e persi, per tragedie della strada, per mali oscuri della nostra mente, e per altro ancora, che sia da addebitare al libero arbitrio dell’uomo, ovvero alla natura stessa, se io o qualcuno dei ragazzi di questa redazione ha, con il suo lavoro e con la sua opera letteraria, nel sacro compito di informare, rinnovato, accresciuto, ampliato il ricordo di un dolore che forse la vita intera non sarà sufficiente a poter cancellare.
Chiedo scusa anche a voi, imprenditori e operatori della politica, a qualunque titolo, se parimenti questo nostro Giornale Ibleo, commentando i fatti, la cronaca, le circostanze e le congiunture della politica, ha arrecato a voi direttamente ovvero alle vostre famiglie, dolore e rincrescimento.
Non è questa la nostra missione, e non vorremmo mai volere ledere l’immagine e la professionalità di alcuno. Quando ci siamo permessi di commentare un fatto politico, e di parlare di persone, lo abbiamo fatto sempre in punta di piedi, e con molto garbo, con un pizzico di stile, se mi concedete, magari con il paradosso, e con lo scherzo, ma mai puntando il dito contro la morale di alcuno. Certo, restano le distanze, la visione di un fatto, l’opinione politica, che non è e mai dovrebbe diventare l’attacco alla persona. Mi può non piacere il tuo modo di fare politica, ma il rispetto della persona deve restare sacro ed inviolabile. E’ per questo che scrivo, perché nessuno è infallibile, e nonostante queste accortezze, non c’è dubbio, che esiste sempre l’errore, il di più che colpisce le persone, che lede. E di questo con molta umiltà, io debbo chiedere scusa, perché mi fa stare male pensare che per una mia opera, per una creazione, qualcuno debba stare male. A torto, o a ragione, ma non sono io un giudice, il giudice, che può attribuire sentenze di condanna. Io ho solo le mie idee, che rincorro giorno per giorno, i miei dubbi, tantissimi, le mie domande.
Non potete immaginare quanto sono contento quando posso cambiare idea, convincendomi, o facendomi convinto da altri, dell’esatto contrario, perché solo con questa apertura mentale potrò conoscere di più, esplorare strade non ancora percorse, sapere ciò che non so. Tantissimo, quasi tutto. Tutto.
Ma nel mio silenzio davanti al sepolcro del Cristo, tradizionale momento di riflessione personale, di sintesi, di bilancio, oltre che di preghiera, un pensiero continua a tormentarmi.
Non voglio darmi risposte, ma voglio pormi delle domande.
Può un uomo giusto, che si dice giusto, anzi più giusto degli altri, forse tra i 25 giusti del mondo, accusare l’altro di non essere un giusto, di essere un infame ed un corrotto, per il solo fatto di vedere in questo un avversario politico? Oppure, peggio ancora, un ostacolo alla sua ambizione? Può il Giusto essere anche giudice della morale e dell’etica degli altri? Quale è il luogo della morale e dell’etica in politica?
Ho l’impressione che a volte, uomini giusti, convinti di essere molto più giusti di altri, finiscono per disperdere le loro energie nella commemorazione della loro moralità e della loro etica. Sono uomini fortunati a non nutrire mai dubbi, e sono convinti di conoscere la verità assoluta. Sono loro stessi portatori di verità.
Mi ha fatto sorridere in questi giorni vedere come alcuni di essi possiedono anche una grande capacità di mistificare la realtà. A mio modesto avviso lo fanno perché non hanno la consapevolezza della loro stessa ambizione, e tanto provoca in loro l’idea che ogni loro azione è fatta per il bene. Così accade che un gioco di potere, se posto in essere da un avversario politico è qualificato come spartizione di potere partitico, lotta per le poltrone, se posto in essere da loro diventa, invece, legittima rivendicazione secondo un accordo di programma.
Programma di amministrazione o potere per il potere? Sembra un gioco della nostra grammatica, ma credetemi non lo è.
Il potere non ha colore: è uno stato di fatto che si sostanzia nella mera detenzione di una posizione di supremazia rispetto ad uno o più soggetti. Non ha colore. E si chiama corsa al potere la ricerca instancabile di qualunque uomo politico, che viene animata dalla sua ambizione. Si chiama corsa al potere, sia per i gruppi di sinistra, di destra, di centro, stellati o stallati. Uguale per tutti. Tutti hanno un sedere che vogliono poggiare su una poltrona, dove si gestisce il potere. Tutti escluso nessuno. Come si usa il potere poi è altra storia. Ne parliamo un’altra volta. Certo è facile affermare che il potere sarà usato a fin di bene. Chi è quel politico che antefactum non è profondamente convinto di ciò? Ci vuole molta giustezza e serenità e preoccuparsi di essere giusti e non di essere simpatici.
Il giusto, il talebano sposta l’ambito della politica dal fatto politico all’agone contro la persona, perché intende creare un dualismo: il simpatico e l’antipatico. Vi spiego perché con l’aiuto di una citazione: “Nelle folle la simpatia diventa presto adorazione e l’antipatia si trasforma subito in odio” (Gustave Le Bon). La politica, così, deve sottomettersi alla psicologia delle masse, se vuole condizionarle. Ma quale è la psicologia della massa?
Ecco dunque il senso della mia denuncia di qualche giorno fa, per tentare di limitare alcuni soggetti nel loro quotidiano esercizio del potere di condizionare e di creare l’antipatia nella folla che si esercita direttamente con la manifestazione di attacchi alla persona, sui social, sui network, sia mediaticamente con i canali abituali.
Queste persone, questi giusti per antonomasia, questi che si sentono di appartenere ai 25 più giusti al mondo, coltivano l’odio della massa per alimentare la simpatia nei loro confronti, che si tramuterà in consenso politico, utile alla loro conquista del potere.
Mi piace chiamarla la dittatura del moralismo etico strumentale.
A questo punto non potrei trovare una conclusione migliore delle parole di Papa Benedetto BENEDETTO XVI: “La qualità della vita sociale e civile, la qualità della democrazia dipendono in buona parte da questo punto -critico- che è la coscienza, da come la si intende e da quanto si investe sulla sua formazione. Se la coscienza, secondo il prevalente pensiero moderno, viene ridotta all’ambito del soggettivo, in cui si relegano la religione e la morale, la crisi dell’occidente non ha rimedio e l’Europa è destinata all’involuzione. Se invece la coscienza viene riscoperta quale luogo dell’ascolto della verità e del bene, luogo della responsabilità davanti a Dio e ai fratelli in umanità – che è la forza contro ogni dittatura – allora c’è speranza per il futuro. Papa Benedetto XVI.
L’editore
P.S.: Per le citazioni che ho fatto ho tratto spunto da un saggio del 2012 di un colto e raffinato giornalista, oltre che scrittore, Fabio Iacono, che ritengo assolutamente premonitore di tanti tragici accadimenti, dal titolo: “L’Occidente tra dissoluzione e disgregazione. Quale ricomposizione etica, politica ed economica? Come rocce tra le rovine, i valori della tradizione cattolica oltre ogni ideologia”.
L’augurio di una Buona Pasqua raggiunga voi tutti, a nome mio personale e della redazione.