Non sono molti i leoni politici da tastiera, in fondo i commentatori di professione delle vicende politiche locali non saranno più di un centinaio, quelli estremisti, che utilizzano toni e linguaggi esasperati, non arrivano a cinquanta.
Ma la vita non è fatta solo di social e la strada il bar, l’ufficio, restano sempre teatro dei commenti più disparati.
Uno dei temi circolanti in questi giorni è il passaggio dell’ex vicesindaco Massimo Iannucci nelle file della Lega di Salvini, partito del quale, in attesa di un consolidamento delle strutture cittadine provinciali, diventa referente locale.
Personaggio, per natura, riservato, Iannucci è passato ad un’altra formazione politica senza annunci, senza clamori e soprattutto senza polemiche. Ciononostante, era inevitabile il corredo di commenti per un personaggio comunque in vista e protagonista della vita politica locale, per cinque anni, come vice del Sindaco Piccitto.
Si sono sprecate le accuse di cambio di casacca, di salto della quaglia, di tradimento del partito di appartenenza e degli ideali del Movimento, c’è chi si è avventato in considerazioni sui possibili vantaggi del trasloco, immediati, a medio termine e per future consultazioni elettorali.
Si è parlato di convenienze, di opportunità politiche, di etica politica, con molti che hanno storto il naso per la scelta di Iannucci.
Occorre subito dire che Massimo Iannucci è stato scelto dal Sindaco Piccitto come punto fermo delle scelte assessoriali del 2013, indicato come vicesindaco e considerato, fino alla fine del mandato, inamovibile, assieme a Stefano Martorana.
Un elemento della Giunta Piccitto che ha lavorato sodo per 5 anni, che non ha mai ricevuto critiche dirette alla sua persona, come pochi fra tutti gli assessori di Piccitto, che è stato disponibile per tutte le istanze, anche degli avversari politici di minoranza che la sera in consiglio sbraitavano verso i 5 Stelle e la mattina chiedevano udienza per interessi particolaristici e personali, in ogni caso, sia chiaro, del tutto legittimi.
Un vicesindaco e assessore che non ha mai dato adito alla benché minima polemica o al benché minimo rilievo, che ha lavorato per i centri storici, compatibilmente alle possibilità del bilancio e alle somme lasciate dalle precedenti amministrazioni, che ha regalato alla città momenti di svago e di spettacolo ricevendone degno riscontro di pubblico e di critica, apprezzato molto, da autorevoli esponenti della sinistra della città, assieme al sindaco Piccitto, per l’eleganza nel passo indietro, per motivi diversi, alla fine del mandato, particolare comportamento giudicato raro fra i politici.
Alla fine, Massimo Iannucci aveva deciso, con Federico Piccitto, di continuare l’esperienza amministrativa in città con la candidatura a sindaco, in una logica di continuità per il lavoro svolto.
Si era capito quando, caduto in disgrazia Corallo, non più nelle grazie del sindaco, prese in mano anche la comunicazione relativa ai lavori per le opere pubbliche in città.
Alla fine, tutti sanno come è andata, i vertici del Movimento 5 Stelle sono stati protagonisti di tante assurde decisioni, mascherate tutte, malamente, con le decisioni della base.
Hanno scaricato Piccitto, influenzati da quanti ritenevano che i 5 anni di governo cittadini, improvvisamente erano diventati improduttivi per il Movimento, dimostrando l’incapacità decisionale e di verifica, dopo aver fatto di Piccitto il modello che portavano in giro, in Italia.
Evidente che ci sono state persone che hanno voluto mettere in cattiva luce il sindaco e tutto il suo entourage, per sbarazzarsene e assumere lo scettro sul territorio, operazione in parte riuscita ma con uno scettro che si può ostentare ad una esigua platea di attivisti e simpatizzanti che, senza leader e senza parlamentari nazionali locali, hanno già decretato la prima grossa sconfitta per il Movimento, facendo perdere il primo capoluogo pentastellato d’Italia.
In tutte queste vicende Iannucci si è comportato da lord Inglese, quando ha capito cosa si stava tramando alle sue spalle ha fatto un passo indietro, ha rinunciato alla candidatura e si è fatto da parte.
E’ stato trattato a pesci in faccia da personaggi degni di questi gesti, ma non ha reagito.
In tanti hanno ricamato sui suoi possibili appoggi ad altri candidati a sindaco e a consigliere comunale, nessuno è riuscito ad identificare questi soggetti, ora si contesta il passaggio nella Lega.
Partito che, peraltro, è assai vicino ai principi e agli ideali del Movimento 5 Stelle, tanto da governare, assieme, a Roma.
Semplicemente ridicolo, soprattutto se le chiacchere provengono da gente che le capriole le ha fatte o le ha godute all’interno delle proprie formazioni politiche.
Per non andare tanto lontano, nella passata consiliatura ci furono girandole da far impazzire, fra partiti, movimenti e liste civiche.
E fino ad ora stiamo parlando di gente che ha trasmigrato fra formazioni politiche, solo Giovanni Iacono e Mario D’Asta sono usciti con la stessa sigla di appartenenza dell’ingresso in consiglio comunale, e, se vogliamo anche Morando e Ialacqua, fra i i vecchi consiglieri comunali, oltre, naturalmente ai superstiti dei 5 Stelle.
Tralasciamo gli accordi sottobanco delle recenti comunali, i tentativi spregiudicati di alleanze che sono state tentati, i cambi di casacca dell’ultimo momento di tanti candidati consiglieri, i tanti tentativi di ritrovare accordi diversi, per il ballottaggio, dopo le trombature eccellenti del primo turno.
Candidati sindaco trombati che per una sedia da assessore avrebbero fatto salti mortali, spettacoli da circo che ora, nel nuovo consiglio comunale, sfociano nel neo-collaborazionismo che si tenta alla luce della situazione che vede il sindaco Cassì, con la amministrazione, poggiare sulle solide e serie basi di una maggioranza che potrebbe oscurare, del tutto, le residue opposizioni, alcune delle quali demotivate e senza entusiasmo.
Tant’è che non si parla d’altro che di collaborazione, di spirito costruttivo, di comune tendenza al bene della collettività, di voglia di fare bene, insieme, per la città, perché di colpo sono venuti meno i motivi che avevano portato a criticare, senza riserve, il candidato che ha vinto e il suo programma elettorale, con i quali, ora invece, si trovano punti di condivisone e possibilità di linee comuni.
Fino a poche settimane prima Cassì era uno sprovveduto inesperiente di politica e di amministrazione civica, che non avrebbe potuto fare bene per la città, ora è diventato un faro della cui luce tutti vogliono approfittare per lavorare per il bene comune, nell’interesse esclusivo della città e dei suoi cittadini.
Ma tutto questo, compreso il neo-collaborazionismo, non è salto della quaglia, non è voglia di cambiare casacca, non è tradimento degli ideali, non è sbattersene dei propri elettori, solo voglia di non dover ammettere la sonora sconfitta ancorché presenti in consiglio comunale e di attendere, come i cavalli che hanno saltato bene, qualche zolletta di zucchero.