Il Castello di Donnafugata continua a mantenere la sua aura di mistero e di leggenda.
Ricordiamo ancora quando, durante il governo grillino della città, venne fuori la possibilità di affidare la gestione del Castello ai privati e, per coincidenza, ci fu subito l’interessamento di una importante struttura ricettiva del territorio che ne voleva fare il lunapark d’antan del resort, una sera una conviviale, un’altra un concerto, un’altra ancora una caccia al tesoro, una serata danzante nel parco e così via.
Progetto che doveva soggiacere, naturalmente alle logiche del denaro e dell’utile d’impresa, possibilmente anche alle oleature dei meccanismi, ma che si presentava, con le opportune garanzie fidejussorie, come una realistica ipotesi di rilancio della antica dimora di campagna.
Si sa come andò a finire, con gli assessori Martorana e Campo che si contendevano il carpettone con l’incartamento del progetto, contrasto che, dicono, poté essere all’origine delle dimissioni “volontarie” della Campo.
C’era stato, intanto, l’acquisto della collezione di abiti d’epoca, pompato dall’intellighenzia locale e da parte dell’aristocrazia, con un appoggio trasversale in consiglio comunale.
Una scelta che, da subito, abbiamo considerato affrettata, sulla scia di paventate perdite dell’opportunità, una scelta che avrebbe dovuto prevedere una attenta pianificazione economica per la conservazione, l’esposizione museale e tutto quanto annesso alla fruizione pubblica della collezione.
Una collezione che, secondo il vecchio proprietario, doveva riportare nella dimora di famiglia gli abiti appartenuti ad esponenti della famiglia Arezzo, ma una collezione della quale, a tutt’oggi, non si conosce il numero esatto dei capi in condizioni di poter essere esposti, quello del numero dei capi appartenuti realmente agli Arezzo e la necessaria documentazione di riferimento, come mancano alla pubblica fruizione tutte le documentazioni fra le quali quella del vantato interesse di Palazzo Pitti per acquisire la collezione che non trova riscontro in ambienti autorevoli fiorentini.
Una collezione che attende di essere esposta nei locali del Museo, in corso di allestimento nei bassi del Castello appositamente riqualificati, bacino museale che, al momento, si trova al centro delle attenzioni per la revoca del procedimento di affidamento a privati della gestione di tutto il Castello.
Un problema quello dell’affidamento della gestione che prevede, innanzitutto, la presenza di idoneo e qualificato personale che deve dirigere la struttura, una o più persone che debbono essere in grado di possedere competenze sulla manutenzione tecnica del sito, sulla gestione di una struttura museale e del suo contenuto, con capacità organizzative e conoscenze di marketing del territorio e di turismo, non disprezzando competenze in materia di cura del parco.
Un tuttologo, un tuttofare, uno che, prima di tutto deve avere passione innata per il ruolo che è chiamato a svolgere, un ruolo che non può essere affidato al burocrate che risponde bene al colloquio di selezione ma non può nemmeno essere affidato a scelte emozionali, clientelari o amicali.
Una scelta che, nel nome di un cambiamento vero, deve essere svincolata da condizionamenti vari e deve soprattutto garantire effettivi riscontri nella gestione.
Una scelta che, come tutte le scelte politiche di una amministrazione, sarà destinata a far nascere giudizi diversi ma che, appunto per questo motivo, deve essere quanto mia trasparente e ispirata a criteri di assoluta indipendenza.
Tutto ciò premesso, desta non poche perplessità un post sui social di una persona che asserisce di lavorare al Castello, pare attorno alla collezione.
Un post che lascia basiti perché una dipendente, diretta o indiretta dell’Ente, si lascia scappare considerazioni poco opportune, non solo per il suo ruolo all’interno del Castello, ma per alcune affermazioni che non sarebbero accettate, forse, nemmeno da un consigliere comunale, ancorché possano risultare condivisibili in determinati ambienti culturali.
Si legge in un post: “Quando sento dire che Donnafugata potrebbe diventare una macchina per produrre soldi provo dispiacere perché un museo è prima di tutto un’istituzione politica nella costituzione di una società ed ha finalità educative e di conoscenza, pertanto non può essere sottomessa alla classe politica del momento o alle logiche del denaro. Un museo è messo al servizio della cittadinanza e il cittadino deve sentirsi il primo detentore responsabile e non semplice visitatore occasionale.”
Così si esprime in un post pubblico su facebook una persona che si vanta di lavorare al Castello, e per il Castello, a fianco di Nuccio Iacono e con altri colleghi che nomina, per un progetto di rinascita di Donnafugata non si sa da chi commissionato, quando e in che termini.
Al riguardo, per una questione di trasparenza, considerato l’insediamento della nuova amministrazione, sarebbe d’uopo conoscere i termini e le condizioni secondo le quali personaggi esterni al Comune lavorano all’interno del Castello, in virtù di quali accordi o incarichi, se questi sono stati attuati nel rispetto pieno delle norme vigenti e quali sono le scadenze di detti accordi o incarichi.
In un momento nel quale la nuova amministrazione deve decidere quali politiche culturali e turistiche adottare sul Castello, è del tutto inopportuno che gente che lavora già al Castello faccia propaganda su quello che sarebbe meglio fare, non si sa sulla base di quali competenze e di quali esperienze, senza dire che una persona che asserisce di lavorare al Castello, parla di un Museo che ancora non esiste, asserisce che prima di tutto è una istituzione politica per dire, subito dopo, che non può essere sottomessa alla classe politica del momento o alle logiche del denaro.
Ci dica allora chi dovrebbe prendere le decisioni se non il proprietario del Castello, e della collezione per la quale si allestisce il Museo, e con quali soldi si dovrebbe allestire e mantenere, soldi che dovrebbero essere svincolati dalle logiche del denaro.
Secondi alcuni sarebbe in azione la stessa claque che operava per l’acquisto della collezione (che per alcuni sarebbe da mettere in discussione per l’esiguità del numero degli abiti in decenti condizioni) che ora lavorerebbe per ottenere la gestione del Museo e, possibilmente, di altro all’interno del Castello, con l’obiettivo di conquistare un posto fisso, o quasi, che, col tempo, sarà, forse, necessario istituire per una migliore organizzazione di questo patrimonio comunale sul quale sembra si vogliono incentrare le politiche turistiche e culturali della città.