Al Circolo di Conversazione di Chiaramonte Gulfi ieri sera si è tenuto un momento speciale: Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato, ha presentato il suo ultimo libro “Oltre i cento passi”, che riprende il titolo di un noto film dedicato alla vicenda di Peppino Impastato. Avere avuto la possibilità di ospitare a Chiaramonte una persona divenuta il punto di riferimento per tantissimi giovani, grazie alla sua opera di sensibilizzazione, è stato un grandissimo onore. Giovanni Impastato ha raccontato, durante una lunga chiacchierata con il presidente del circolo, Luisa Fontanella, il rapporto della sua famiglia con Cosa Nostra, gli anni della contestazione, la fondazione di Radio Aut e, infine, l’uccisione del fratello Peppino, avvenuto per volere del boss Tano Badalamenti: “Noi eravamo una famiglia mafiosa. Il rapporto con la mafia era diretto, ce l’avevamo in casa. Lo zio Cesare Manzella era il capo della cupola. A quell’epoca, il traffico di droga, principalmente di eroina, passava per l’aeroporto di Punta Raisi, mentre nell’entroterra vi era la presenza di una mafia agricola. Lo zio Cesare fu fatto saltare in aria nel 1963”. Il padre di Peppino e Giovanni era un mafioso, anche se non di spicco: “La mia famiglia era questo e ricordo che Peppino, quando lo zio saltò in aria, disse che se questa era la mafia, si sarebbe battuto tutta la vita contro questa cosa. Mantenne la promessa”. Quando Peppino opera questa clamorosa rottura, il padre ovviamente non lo tollera e lo sbatte fuori di casa. In mezzo a queste due forti personalità, la mamma di Peppino, Felicia: da una parte è moglie di un mafioso, ma dall’altra madre di un aperto contestatore. Alla fine sceglierà di essere complice del figlio e di rifiutare ogni logica mafiosa e di vendetta personale. Anche davanti alla bara del figlio, dice ai parenti di non volere nessuna vendetta, piuttosto di volersi affidare alla giustizia, rompendo così definitivamente un cerchio fatto di violenza e sopraffazione. Nonostante tutto, la giustizia le sbatterà la porta in faccia molte volte. Il ricordo di Peppino Impastato è legato soprattutto alla sua esperienza a Radio AUT e al programma che andava in onda, Onda Pazza, in cui ha denunciato apertamente Tano Badalamenti, il sindaco di Cinisi e tutto il sistema mafioso. Giovanni Impastato ricorda: “Aveva capito che per demolire i mafiosi bisognava ridicolizzarli, farli scendere dal piedistallo, farli apparire insignificanti. Ma alla radio lui ha raccontato anche l’esperienza della contestazione degli anni ’60, i cambiamenti di quegli anni. E’ stato un grande momento”. Poi, l’omicidio, avvenuto nel 1978 e il clamoroso tentativo di depistaggio: “Peppino è stato rapito da un commando, sequestrato, picchiato in un casolare e poi fatto saltare in aria con la dinamite sui binari del treno. Ma hanno voluto, per molto tempo, farlo passare per un terrorista”. Dopo una lunghissima inchiesta, fra archiviazioni e rivelazioni, alla fine sarà riconosciuto come mandante di quell’omicidio Tano Badalamenti e condannato all’ergastolo: “Non è stato un giorno felice”, racconta Giovanni: “Con l’odio non si ottiene nulla. Il nostro ragionamento deve essere diverso. Siate critici, siate disobbedienti se necessario, ma non rivoltosi, perché dietro le rivolte non c’è nulla, c’è solo l’emotività. Si deve disubbidire di fronte alle ingiustizie. Aprite un dialogo con le nuove generazioni. Nel mio libro ho voluto dare un messaggio di speranza, ho raccontato di tanti incontri avvenuti grazie al ricordo di mio fratello Peppino. Odio, vendetta e rancore, non ci porteranno mai da nessuna parte”.