<<Era dolcissima quando sorrideva e poi abbassava lo sguardo, sempre pronta ad aiutare gli altri, a sacrificare il suo tempo e se stessa per chi amava davvero. Mi chiedevo spesso come ci riuscisse, quasi la invidiavo. Poi un giorno durante una pausa a lavoro la trovai rannicchiata in un angolino tra gli scaffali da sistemare, con gli occhi colmi di lacrime che non riuscivano a sgorgare, così mi sedetti accanto a lei e le chiesi cosa fosse successo; la sua risposta mi spiazzò, spezzò il mio cuore e mi diede l’ imput per riflettere: “Mi sento vuota. Nonostante sia stata vicina alle persone che amo, ai loro occhi sono invisibile. Adesso loro hanno ripreso in mano la loro vita ed io non ho nessuno da salvare”>>
Ho voluto raccontare questo aneddoto perchè, un gentile lettore, dopo la pubblicazione dell’ ultimo articolo, mi ha chiesto se la Sindrome da Crocerossina fosse inserita nel manuale del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders)
Ottima domanda! Per cui volevo approfondire questo argomento.
La Sindrome da Crocerossina o di Wendy (la definizione nasce proprio dalla favola di Peter Pan, in cui Wendy è una bambina che viene adultizzata per prendersi cura dei suoi fratelli, di Peter e della sua ombra)
non è ancora inserita nel DSM a causa della molteplicità di segni e sintomi spesso aspecifici e soggettivi in base al vissuto della persona e della comorbilità con altri disturbi e sindromi. Difatti, colei (o colui) che attua comportamenti tipici da Crocerossina è quasi sempre a causa di un disturbo sottostante quale, sopratutto, il ‘Disturbo dipendente di personalità’, che per segni e sintomi specifici soddisfa i criteri per una diagnosi ben precisa ed infatti è contenuto nel DSM. La Persona che soffre di questo disturbo ha una pervasiva dipendenza psicologica da altre persone, da cui ricerca protezione e approvazione per via della bassa autostima, rimanendo quasi sempre in un stato di ansia e paura con il terrore di essere abbandonati; spesso si incorre in questo disturbo a causa di traumi subiti nell’ infanzia, per via di genitori poco disponibili emotivamente, o nei casi in cui il bambino/a è stato costretto ad adultizzarsi per prendersi cura dei genitori o di un membro della famiglia. Quindi il meccanismo che viene a crearsi è il seguente: solo se do amore mi viene restituito amore.
Va da sè che chi vive in questi meccanismi di dipendenza e ricerca di approvazione, molto spesso, per attenuare o per non sentire la solitudine (visto che non riesce a gestirla), si sente gratificato solo quando può apportare aiuto all’ altro, che può essere il fidanzato, il marito, un amico, un collega.
-Nell’ essere utile all’ altro, la persona trova conferma di sè. Io ti aiuterò, tu starai meglio, mi sarai riconoscente e mi amerai.- E sta tutta in questa frase la peculiarità della sindrome da Crocerossina. La persona Crocerossina pensa che l’ amore sia qualcosa da doversi meritare con l’ annullamento di sè, o meglio, vivendo di gratificazione riflessa…l’ altro diventa un mezzo per colmare il vuoto affettivo ed esistenziale. Ma cosa succede se l’ altro non ha più bisogno di aiuto e va via? La crocerossina inevitabilmente cadrà in uno stato di sconforto che potrebbe diventare Depressione o Ansia, si sentirà abbandonata e non utile. Perchè secondo Lei è necessario soffrire per amore, è normale stare male se non vi è qualcuno da aiutare e non si rende conto che talvolta qualcuno potrebbe approfittarsi del suo prodigarsi, infatti è preda prediletta dei manipolatori e narcisisti.
<<Allora le dissi: “quel vuoto rimarrà sempre tale finchè non capirai che nessuno se non te stessa può farlo fiorire riempiendolo di sano amore. Perchè pensi a salvare gli altri e non fai nulla per salvare te stessa?
L’ amore che gli altri sono disposti a darti non dipende da quanto dai a loro, anzi, un amore vero non vorrebbe mai che tu ti annullassi. Ascoltati e chiediti: io di cosa ho bisogno? E la risposta deve riguardare Te, il tuo benessere, le tue passioni, i tuoi desideri, la tua vita. Chiediti perchè quel vuoto fa così male, e quando sarai in grado di capirlo, inizierà a fiorire.>>
Cari lettori, concludo questo scritto con un consiglio letterario attinente a questo argomento: “Donne che amano troppo” di Robin Norwood, un libro che appassiona, commuove e da tanti spunti di riflessione su se stessi e sugli altri… e sopratutto ci fa capire quanto -purtroppo- siamo più inclini a guardare dentro gli altri piuttosto che a noi stessi.
“Se un individuo è capace di amare positivamente, ama anche se stesso; se può amare solo gli altri, non può amare affatto”
-Erich Fromm-