Sul tema costruzioni in verde agricolo l’amministrazione e la maggioranza in Consiglio sono ferme nel volersi rifare all’articolo 9 della Costituzione che tutela il paesaggio come bene primario. La posizione, che non vuole prendere in esame eventuali spazi lasciati aperti dal piano paesistico e ammessi dalla Soprintendenza che del piano è l’autorità competente, è sottoposta alle possibili dettature di una giurisprudenza che non sempre antepone le esigenze ambientali e paesaggistiche al diritto di abitare in campagna.
Una materia quanto mai delicata, che si vorrebbe limitare alle costruzioni che sono al servizio del fondo agricolo ma che, inevitabilmente, cozza con gli interessi di quanti desiderano abitare in campagna per godere del bene tutelato che, legittimamente, si svuole anche godere.
Una problematica su cui l’amministrazione ha apertamente dichiarato le sue intenzioni che rischiano, però, di scontrarsi con i pareri difformi che potrebbero risultare a definizione dei tanti ricorsi.
Da mesi giace fra gli atti da esaminare in Consiglio un ordine del giorno dei consiglieri Maurizio Tumino, Morando, Mirabella e Lo Destro che vorrebbe, attraverso una variante al PRG, ripristinare il lotto minimo di 10.000 mq per le abitazioni in verde agricolo.
Un tentativo che, sotto le apparenze di un provvedimento restrittivo, rispetto alle norme attuali, vuole acclarare il diritto di costruzione in campagna, sempre nelle zone lasciate libere dal piano paesistico.
Un modo di fare politica da salotto, con una maggioranza e una amministrazione che, nell’evitare di raccogliere la provocazione, restano smarriti sul da farsi, anzi entrano in fibrillazione, con il consigliere Tumino che porta a spasso quanti pensano di avventurarsi nella sua materia senza adeguato equipaggiamento.
Nemmeno l’astuto tentativo del consigliere Massari di far impegnare l’amministrazione per provvedimenti adeguati da presentare in un futuro non ben definito, né quello del Presidente del Consiglio per una soluzione concordata della questione, sono serviti per dirimere un problema che di sostanziale non ha nulla, trattandosi d un ordine del giorno che può anche lasciare il tempo che trova.
L’amministrazione è consapevole che per affermare i suoi principi occorre una ben definita variante al PRG per cui, per bene che vada, occorrono due anni di tempo, durante i quali le posizioni a tutela del territorio e del paesaggio possono andare incontro alle aperture di una rete giurisprudenziale che, già al momento, non le rende inattaccabili e per cui anche solo quei resti delle opposizioni che, fino a tarda sera, hanno tenuto sulla corda la maggioranza, possono lasciare il segno su una questione sentita da larghe fasce dell’elettorato e da diverse categorie produttive.