“Non sono per nulla ottimista, rispetto a quello che ci sta succedendo e soprattutto rispetto a quello che sta per succederci. La contrattura economica in atto non è congiunturale, ovvero non è una cosa di passaggio, ma è quasi definitiva. Il sistema deve tornare in equilibrio. Ma sarà un nuovo equilibrio, frutto di un nuovo ordine mondiale. Le nuove potenze economiche avranno un ruolo predominante e l’Africa e l’oriente diventeranno il nuovo centro di interessi economici e di scambio”.
Parla così Nitto Rosso, avvocato e manager, anche di pubbliche amministrazioni, con un forte interesse per l’agricoltura trasformata ed i prodotti tipici. Conserve di Sicilia è la sua azienda che amministra insieme alla sua famiglia. Non si sottrae a domande di politica, e risponde preoccupato sulla occupazione giovanile e sulla Banca Agricola popolare di Ragusa e sul ruolo avuto nel tessuto economico della nostra provincia.
Cosa farebbe al posto della politica per trovare soluzioni per la crisi che ci attanaglia?
Non ci sono soluzioni che possiamo prendere in autonomia. Le soluzioni vanno ricercate in ambiti territoriali grandi quanto è garnde il mercato. La dimensione minima pertanto di riferimento è l’Europa e conseguentemente non è pensabile assumere una decisione, che riesca ad essere incidente sul mercato, se non si perviene ad un accordo complessivo a livello europeo. Certo l’Europa non fa simpatia a nessuno, ma è il territorio minimo di riferimento del nostro mercato e dunque anche del mercato del lavoro. Anche il processo di riforme non può non condizionare tutti i paesi dell’Unione. Il sistema fiscale deve essere unico e deve garantire una parità di trattamento tra i cittadini europei. Il problema occupazione va risolto autorizzando la Banca centrale Europea a stampare moneta da utilizzare per finanziare lavori per la pubblica utilità. Abbiamo sacche di disoccupazione divenute oramai endemiche. Persone, uscite dal mondo del lavoro, che non troveranno mai più un impiego, non sono state formate, non si sono aggiornate e a cinquat’anni, a queste condizioni, è impossibile rientrare nel mercato del lavoro. Tra cinque anni avremo un povero ogni tre abitanti! Occorre introdurre liquidità nel sistema per far ripartire la domanda di beni e servizi. Così si raggiungerebbero due obiettivi. Da un lato, si consentirebbe alle imprese di svecchiare il personale, occupando giovani, più formati ed aperti alle nuove tecnologie, mentre, dall’altro lato, i progetti d’utilità sociale, si darebbe una mano concreta a tutte quelle persone che sono uscite dal mercato del lavoro.
Grillo la pensa in modo diverso da Lei…
Grillo cerca solo di dimostrare che può controllare la massa degli arrabbiati, spacciandolo per consenso alle sue idee, ma non è così. Dice alla gente quello che la gente vorrebbe sentire nel momento del dolore, quando hai perso il lavoro, ovvero quando ti ritrovi a dover fare i conti con la spesa, o con il pagamento delle bollette. Ma soluzioni concrete al problema da parte sua non ne ho sentite. Pensare di potere chiudere le frontiere e non pagare il debito pubblico, tira consenso, ma non credo che sia una strada percorribile.
Ma a livello locale, per restare un po’ più con i piedi per terra…
A livello locale occorre prendere coscienza che si è perso negli anni la capacità di creare classe dirigente. È stato un processo lento, ma continuo. Subito dopo la prima Repubblica, il potere è stato assunto dai portaborse, che non hanno fatto altro che preoccuparsi di annientare tutti coloro che potevano turbare i loro interessi. Così è saltata, drasticamente, tutta la generazione dei quarantenni e dei cinquantenni. Se ci fate caso oggi abbiamo al potere, aldilà dei “surgelati Findus”, una generazione di trentenni, che si è salvata dall’infanticidio e che oggi spende bene la politica del nuovo, della faccia nuova.
Come il nostro sindaco Piccitto..
Esattamente. Persone come lui, come Raciti, come Renzi, si sono ritrovate a gestire la cosa pubblica, sostituendo direttamente il sessantenne. È mancato il passaggio intermedio. Non so se è un bene o un male. Questo lo dirà la storia.
Si ma qual è la soluzione a livello locale?
Io punterei molto sull’agricoltura. L’agricoltura significa rivalorizzare il territorio, renderlo ancora più tipico, rivalorizzare le strutture e renderle ricettive per un mercato del turismo che è sempre più attento ed attratto da questo prodotto, valorizzare il prodotto locale e creare meccanismi di difesa del marchio locale, spingendo la distribuzione alimentare locale ad investire sul prodotto locale.
Il consumo di prodotti locali aiuta l’occupazione del nostro territorio, supportando la nostra economia.
Il turismo non esiste perché non esistono le strutture ricettive, quelle da 400 – 500 posti, per intenderci, le uniche che possono attuare una politica a basso costo. Questo è il turismo del divertimento fino a tarda notte, di quello un po’ più festaiolo, rispetto alla nostra tranquilla vita da spiaggia. Mi pare che da questo punto di vista, siamo lontani anche culturalmente.
Se pensate che per modificare un piano regolatore passano cinque anni, figurarsi quanto tempo occorrerebbe se si volesse modificare tutta la fascia trasforma delle serre al mare, per cambiare la destinazione del territorio e consentire l’edificazione di grandi alberghi: forse tra 20 anni!
Cosa pensa della questione che sta occupando anche la stampa locale relativamente alla Banca agricola popolare di Ragusa?
Mi pare si stia facendo tanto rumore per nulla. Sicuramente ci sarà qualche fatto oggettivamente censurabile, qualcuno, certamente, ha abusato della diligenza e della gentilezza di qualche direttore di banca, diciamolo molto francamente, conosciuto da tutti per essere una persona stimatissima assai vicina alle imprese ed alle esigenze del territorio. Ma da qui a legittimare un pensiero che vuole dipingere la Banca agricola come un ente dedito a fatti di reato, mi pare proprio una grande sciocchezza, robetta per qualche “arrabbiato social-net”, e mi pare che in giro, ce ne sono un bel po’. Mi preoccupa molto di più, invece, l’eventualità che questo ente creditizio smettesse i panni della banca del territorio, come è stato fino ad oggi per diventare qualcosa d’altro. Mi piace ricordare che la Banca agricola ha fondato la sua fortuna finanziando le famiglie e le piccolissime imprese, con piccoli crediti al rientro e successivamente con mutui ipotecari. La nostra economia è cresciuta e si è sviluppata grazie a questa Banca. Anche la mia azienda deve tanto, tantissimo, forse tutto, alla Banca agricola.
Adesso il piccolo imprenditore va in banca a richiedere nuovi mutui per far fronte alla crisi. Le imprese non sono patrimonializzate e pertanto si ricorre a rinegoziare il mutuo sulla casa. Ma il valore dell’immobile non è più coerente neppure con il mutuo preesistente, e pertanto la rinegoziazione in molti casi appare non fattibile. Esiste poi il problema delle garanzie che la Banca deve formare per la Banca di Italia. Ora come non mai servono i consorzi fidi, ma sono troppo costosi. Un mutuo concesso con un consorzio fidi, se contiamo tutte le spese generali, l’integrazione del fondo e le spese di gestione, andiamo ad un tasso usuraio. Sono queste le nuove sfide della Banca agricola popolare di Ragusa. Mi piacerebbe che la Banca intervenisse su due direttrici: calmierare i prezzi dei consorzi fidi ed inventare una nuova misura per patrimonializzare le aziende.