“Buongiorno Federica, ieri abbiamo fatto le chiacchiere, quelle al cioccolato sono buonissime, vuoi assaggiarle?”
E’ con questa frase ed un’enorme sorriso, che mi ha accolto l’ “Albachiara”, un centro socio- ricreativo (ospita 15 soggetti che vanno dai 25 ai 66 anni) divenuto, ormai, un punto di riferimento a Ragusa, per famiglie, volontari, operatori ed agenzie educative, riguardo tutte le problematiche attinenti alla sindrome di Down e alle disabilità psico-fisiche lievi.
“Dal 2002 a l’anno trascorso – ci racconta Donatella Guarnaccia – psicologa presso l’Associazione- i ragazzi svolgevano diverse iniziative e attività sportive ( tennis, judo, piscina, cardiofitness, danzaterapia, musicoterapia, laboratori di cucina e creativi di decoupage, pittura su vetro, legno e ceramica), ma da quest’anno purtroppo a causa della mancanza di fondi comunali, l’unica cosa che riescono a fare è la palestra, al centro Ludens, due volte a settimana, che rimane, ahimè, l’attività più economica“.
I ragazzi, tra le altre attività, a richiesta, fanno, con le loro mani, anche delle deliziose bomboniere che vendono in occasione di lauree, matrimoni o compleanni. “Quest’ultima – continua la psicologa- è un’ulteriore forma di sostentamento, poichè il Comune ci fornisce solo 18.000 euro l’anno e considerando i viaggi in pulmino, le spese, le attività, la palestra ed i laboratori, non sono sufficienti per mantenere l’attività, 10 mesi l’anno”.
L’associazione, comunque dal 2002, grazie all’impegno dei volontari ed al loro sorprendente lavoro che ogni giorno svolgono all’interna della struttura elargendo amore e passione nei confronti di questa realtà , continua ad andare avanti e ad aiutare psicologicamente le persone affette dalla sindrome si Down.
“Nel 2011 – ci racconta ancora la psicologa- abbiamo fatto un progetto dal titolo “A tutto shopping”- I ragazzi dell’Albachiara, commessi per un giorno”. Ci siamo recati al Punto Brico, alle Masserie e alle Dune ed i ragazzi si rendevano utili pesando la frutta, improvvisandosi bravi venditori e, alle casse, imbustando la spesa. Purtroppo, in questo caso, ci sono state persone che, guardando i ragazzi, hanno detto – No, grazie faccio da sola“.
Il Down è semplice e difficile allo stesso tempo, da gestire: nel primo caso poichè raggiunge elevati livelli di autonomia e nel secondo caso poichè, proprio perchè hanno una sindrome lieve, capiscono la loro diversità, percepiscono lo sguardo, talvolta di compassione nei loro riguardi e di questa cosa ne soffrono moltissimo. Alla nascita avverte le emozioni del papà e della mamma, le loro inquietudini, esitazioni, le paure per l’avvenire… Poco a poco si accorge delle sue difficoltà rispetto agli altri bambini. Soffre anche per lo sfalsamento fra quello che fa e quello che ci si aspetta da lui. Lungo tutta la sua vita, lo sguardo degli altri in difetto o in eccesso sarà per lui un’esperienza traumatica. Deve adattarsi a questi sguardi maldestri di fuga o di paura, d’infantilizzazione o di compassione.; parlare con lui quindi della sua sindrome, lo aiuta a prenderne coscienza e ad accettarla. È molto importante cominciare, fin da subito, a spiegargli con parole semplici la sua identità e filiazione, ma anche i limiti e le costrizioni imposte dalla sua condizione. Certo all’inizio non capirà il significato delle parole ma sarà sensibile al tono della voce, alla tenerezza e al rispetto con cui sono dette. Poco importa se queste parole saranno accompagnate da qualche occhiuccio lucido, dal momento che lui si sente amato così com’è. A tal proposito, è bene dire che quegli stessi occhietti, riescono a voltarsi e a rivolgersi alla gente che, ancora nel 2014 preferisce non farsi imbustare la spesa da loro e ad esclamare ,con un’intelligenza ed una superiorità disarmante: “Tranquilla signora, nessun problema, io volevo solo aiutarla, faccia lei a questo punto”. Quegli occhi riescono ad innamorarsi perchè, a differenza nostra, riescono a farsi guidare più dal cuore, che dalla testa e dalla maledetta razionalità. La verità è che nella nostra cultura essere sani, belli, tonici, senza grassi né cellulite sono segni di affermazione sociale, e non ci si rende conto che tutto questo può essere utile ad uno specchio, non a una società sempre più povera di verità e di calore umano. Siamo stati abituati a considerare i down persone non normali, in quanto partiamo dal presupposto che ciò che noi intendiamo essere normalità sia il metro di valutazione universale. Se invece cominciassimo a pensare che poi non è tanto diverso dai cosiddetti normodotati, che hanno problemi esistenziali come chiunque, forse impareremo a conoscere meglio noi stessi.
“Il miglior approccio con loro – sorride e ci consiglia Donatella- è quello più naturale possibile: l’amore vero, sincero, concreto“.