A maggio ci saranno le elezioni europee, di fatto sono diventate elezioni nazionali, a Ragusa costituiranno anche il termometro della passione grillina che, a giugno scorso, ha mandato a casa vecchi partiti e nuovi movimenti.
I vertici nazionali del Movimento 5 Stelle sono impegnati nella non facile identificazione dei candidati giusti per scardinare il sistema di potere a livello europeo, selezione che si presenta difficile anche alla luce delle tante incomprensioni fra i leader del movimento e la base che, assaggiato il gusto del potere, vorrebbe derogare dalle rigide imposizioni del capo.
Per Grillo l’Italia si può cambiare da Bruxelles, occorre andare in Europa, dove si decidono le sorti delle nazioni aderenti. I premier italiani sono considerati i lacchè del potere costituito europeo, servi del potere finanziario e di logiche economiche decise altrove.
Il M5S è visto come un pericolo pubblico da questa Europa che fa di tutto per emarginarlo, minimizzarlo, ignorarlo.
I sette punti per l’Europa, il programma per Bruxelles, prevede l’eliminazione del fiscal compact, l’adozione degli euro bond, alleanze per una politica comune, investimenti per attività produttive innovative, fuori dai limiti di bilancio, finanziamenti per attività agricole destinate al fabbisogno nazionale, abolizione del pareggio di bilancio e ricorso al referendum per uscire dall’euro, ove le richieste non fossero accolte.
Sono programmi che risultano deflagranti in Europa, nelle stanze del potere, ma un’affermazione del Movimento 5 Stelle, che potrebbe anche risultare primo gruppo politico in Italia, avrebbe effetti importanti anche sulla nostra politica che si dovrebbe inchinare, primo fra tutti il capo dello Stato, ai risultati dettati dalla volontà degli elettori.
Aleggia, comunque, la sensazione che la vecchia politica resti più intenta ai giochi e alla spartizione del potere piuttosto che contrastare l’onda montante dei grillini e il forte astensionismo che, pare, da solo, rappresenta il fattore determinante per l’esito finale.
Nella nostra città la consultazione europea non è stata mai particolarmente sentita, ha costituito, per lo più, una conta estemporanea di voti, in una competizione dagli esiti spesso definiti a tavolino.
Non è che la situazione sia cambiata, ma il voto di maggio costituirà la prova del nove dei risultati del giugno scorso.
Non sarà facile stabilire delle relazioni, fra i risultati per le europee e la forbice costituita dai 3.411 voti andati al Movimento 5 Stelle, corrispondenti al 9,62 % degli elettori votanti, e i 20.720 voti che hanno indicato Piccitto come Sindaco, il 69,35 % dei votanti.
Ma, in ogni caso, il risultato evidenzierà il gradimento della città nei confronti dell’amministrazione e del Movimento 5 Stelle. Sarà anche l’occasione per testare il livello di rapporti fra il primo cittadino e la sua squadra e i vertici del Movimento, Grillo e Casaleggio in particolare, che, in questi primi nove mesi di amministrazione sembrano non essere esistiti. Anche la compagine consiliare è sembrata più impegnata a rintuzzare gli attacchi, anche quelli sterili, delle opposizioni, che a diffondere il verbo grillino, nessuna voce, si è levata, per esempio, nelle occasioni in cui la base del movimento è stata in forte contrasto con Grillo.
Si doveva aprire tutto come una scatola di sardine, spesso siamo ancora fermi a veder tirare la linguetta: il cambiamento, da molti auspicato, la rivoluzione promessa, non si sono visti.
A Roma non sono ancora disponibili le chiavi delle stanze del potere, nella piccola Ragusa sono state cambiate tutte le serrature ma ci troviamo ancora di fronte agli stessi dirigenti, agli stessi spettacoli, alle stesse proroghe, alle scelte non condivise, ad accuse delle opposizioni non sufficientemente chiarite, di rivoluzionario solo una imposizione di tasse e tributi notevolmente aumentata.
Agli elettori il giudizio!