Ci sono occasioni in cui capita di partecipare a incontri pubblici che speri si prolunghino per ore, vuoi per il piacere di ascoltare i relatori, vuoi per l’ argomento che ti coinvolge e ti appassiona.
E’ il caso della presentazione del libro scritto dal giornalista Nino Amadore, messinese di origine, che lavora a Palermo per il Sole 24ore. ‘’I Sovversivi’’, sottotitolato “In terra di mafia la normalità è rivoluzione” è il quadro di una parte d’Italia che è impegnata contro la criminalità organizzata e le mafie, un piccolo manipolo di uomini e donne, instancabilmente impegnati a lottare, con armi spuntate, contro ogni tipo di sopraffazione, ma purtroppo anche destinati a combattere uno Stato che, a parole è vicino e sostiene la lotta ma che, nei fatti, è abbastanza lontano.
Si va dalla testimone di giustizia Valeria Grasso, proprietaria di una palestra, che la mafia voleva trasformare in un esattore e a cui lo Stato ha chiesto il conto dell’albergo in cui per mesi fu costretta ad alloggiare, in una località segreta, con i figli, agli eroici insegnanti di una scuola nel quartiere Zendi Palermo, dove, a mezza mattinata si interrompono le lezioni perché qualche bambino sviene per la fame.
C’è anche Maria Carmela Lanzetta, ex sindaco di Capo Rizzuto, una volta minacciata dalla ndrangheta, oggi Ministro degli Affari regionali. Ma si racconta anche del difficile riuso di strutture e aziende confiscate e delle difficoltà di commercializzazione per aziende una volta appartenenti alle cosche, poi passate nelle mani di amministratori giudiziari o nuovi proprietari che vorrebbero percorrere la strada della legalità.
É il composito puzzle di uomini e donne che affannosamente cercano, attraverso la normalità della propria vita quotidiana, di ricostruire un’etica pubblica a brandelli, in zone in cui lo Stato ha battuto da anni in ritirata, con l’auspicio che a smettere di rassegnarsi alla mafia siano sempre di più.
Introdotti da Maurizio Attinelli, hanno partecipato come sostenitori dell’iniziativa anche il coordinatore provinciale di Libera, Giorgio Abate, e Gabriele Vaccaro, di Banca Etica.
In apertura, il Presidente del Consiglio Comunale di Ragusa, Giovanni Iacono ha incentrato la sua attenzione sul tema importante considerato come fatto culturale che connota un popolo intero. In alcune realtà, secondo Iacono, la cultura non è a livelli tali da far emergere i valori di normalità, la sopraffazione si rivela in quelle società dove chi è normale emerge come sovversivo. In questo contesto, chi fa politica deve avere, come patrimonio, la dimensione dell’esperienza simbolica, che troviamo ampiamente tratteggiata nel libro.
Renato Meli, dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale, ha focalizzato l’attenzione sugli aspetti di cultura religiosa che, ha avuto il coraggio di ammettere, permettono al fenomeno mafioso, pervasivo, la coesistenza, spesso occasionale, con alcune forme clericali, come nel caso delle Feste Patronali.
Prima dell’intervento dell’autore, è stato il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Ragusa, dott. Petralia, a voler trasmettere ai presenti le sensazioni ricevute dal libro e che hanno cresciuto il bagaglio di emozioni sui contenuti. Prima, fra tutte, la sensazione di una nuova visione del fenomeno mafioso, incentrata sul rapporto difficile fra Stato, mafie e magistratura. Il dott. Petralia ha fatto intravedere spazi di pessimismo, tratti dal libro ma comuni alla sua esperienza, anche in altre sedi giudiziarie, allorquando ha evidenziato la difficoltà di scorgere spazi per norme che possano attualizzare a lotta alla mafia e alla criminalità organizzata, rendendo più facile l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine.
Determinati intrecci sono diventati complicati fino ad arrivare ad una compenetrazione ormai difficile da districare, in assenza di un coinvolgimento determinante di ordine culturale e sociale.
In chiusura Nino Amadore ha voluto esprimere la condivisione per gli interventi che hanno saputo cogliere il senso della sua ‘piccola’ pubblicazione. Dopo le stragi il fenomeno è stato sentito ma non è stato in grado di arginare le metastasi che hanno cominciato a dilagare. Occorre ora ripensare il sistema per tornare a rendere protagonista la ‘normalità’ di fronte ad una mafia che ha cambiato pelle.