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Un giovane eritreo di 25 anni è arrivato morto al porto di Pozzallo a bordo di un gommone di migranti il 6 maggio: potrebbe essere stato ucciso a colpi di bastone. Intanto, sono stati fermati due presunti scafisti. La Polizia di Stato di Ragusa – Squadra Mobile – con la collaborazione della Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza e della Compagnia Carabinieri di Modica, ha eseguito il fermo di JALLEW Mamadu, nato in Gambia nel 1995 e BANGURA Khalifa, nato in Sierra Leone nel 1990, in quanto responsabili del reato di favoreggiamento di introduzione di clandestini illegalmente in Italia, associandosi con altri soggetti presenti in Libia per trarne profitto. Il delitto è aggravato dal fatto di aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone e di averle messe in pericolo di vita, oltre che sopposte a trattamento inumano e degradante. Gli arrestati hanno condotto dalle coste libiche a quelle italiane un fatiscente gommone carico di 102 migranti provenienti dall’Eritrea, Mali, Nigeria, Etiopia e Sudan. Inoltre i due soggetti, secondo quanto raccolto dagli investigatori della Squadra Mobile, dovranno rispondere anche dell’omicidio di un giovane eritreo ferito a morte mentre veniva fatto salire a bordo del gommone dai complici libici, di fatto organizzatori e promotori della tratta di esseri umani. Nel dettaglio, ecco la ricostruzione dei fatti: alle 07,30 del 6 aprile 2014, la fregata “SCIROCCO” della Marina Militare italiana ha soccorso due gommoni che si trovavano in serie difficoltà. La nave della marina, ha constatato che fra i 103 migranti vi era anche un uomo senza vita. Il cadavere dell’uomo, è stato recuperato sull’unità militare. Il medico legale, sin dai primi istanti, ha asserito che la morte era dovuta ad un evento traumatico avvenuto circa 30 ore prima. Dopo aver recuperato il cadavere del giovane eritreo tra la commozione dei connazionali e di tutto il personale di servizio, sono riprese le fasi di sbarco dei restanti giovani migranti. Una volta a terra, i migranti sono stati ospitati nei locali del C.P.S.A., al fine di sottoporli alle difficoltose e delicate fasi di identificazione da parte di personale del Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica e dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Ragusa. Le indagini sono state condotte dagli uomini della Squadra Mobile della Polizia di Stato, dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri che in questa occasione hanno dovuto triplicare le forze al fine di individuare gli scafisti di ogni singola imbarcazione soccorsa. Per quanto riguarda la morte del giovane eritreo, gli investigatori sono dovuti entrare in contatto con i migranti che erano terrorizzati e, soprattutto, non avevano alcun indizio sugli scafisti, in quanto erano tutti provenienti dal centro Africa e non. I connazionali del giovane deceduto sono stati i primi a cedere e a raccontare le drammatiche fasi dell’uccisione del loro amico tra lacrime e rabbia per quanto accaduto. Ci sono volute 12 ore per riuscire a trovare dei migranti disposti a collaborare ma, alla fine, gli sforzi sono stati ripagati: diversi cittadini eritrei hanno deciso di testimoniare permettendo così di raccogliere importanti elementi di prova a carico degli scafisti che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa sta già valutando. Dalle indagini è emerso con assoluta chiarezza espositiva dei migranti ascoltati come testimoni, che i libici, sin da quando si trovavano nei capannoni in più di 500, li picchiavano senza alcun motivo: vere e proprie violenze inaudite. Durante le fasi di trasferimento dal capannone alla spiaggia, i libici hanno continuato a picchiare tutti, comprese le donne, ed i colpi inferti con dei grossi bastoni in legno erano indirizzati alla testa, al collo, alle gambe e in ogni parte del corpo. Quando i migranti sono saliti a bordo del gommone, sono stati picchiati tutti con i bastoni di legno per mantenere uno stato di terrore, in modo da farli viaggiare senza poter avanzare istanze ai due scafisti che guidavano il gommone. Durante la fase di salita, uno degli eritrei è stato colpito violentemente alla nuca ed è caduto esamine al centro del gommone. Purtroppo, è stato anche calpestato da tutti gli altri che dovevano sedere al posto indicato dagli scafisti. Completato l’imbarco, è stata organizzata in tutta fretta la partenza ma, dopo pochi minuti di navigazione, qualcuno si è accorto che il loro compagno di viaggio era morto e ha chiesto agli scafisti di fermarsi e tornare indietro. I due criminali si sono opposti, ordinando per tutta risposta di gettarlo in mare ma il popolo eritreo, essendo molto unito, con fermezza è riuscito ad ottenere di farlo rimanere a bordo fino al termine del viaggio. Anche gli altri migranti di nazionalità diverse non hanno voluto gettare in mare il cadavere e quindi i due scafisti non hanno potuto fare altro che continuare il viaggio. Le indagini condotte dagli investigatori, durate 16 ore continuative, hanno permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto i responsabili del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di essersi associati con dei libici, al momento ignoti, che hanno ucciso uno dei migranti. Dalle dichiarazioni raccolte è stato possibile appurare le modalità dell’omicidio del giovane eritreo che, seppur non permettono di determinare responsabilità dirette dei due scafisti per la morte del ragazzo, di sicuro risponderanno anche per il reato voluto solo dai loro consociati libici che lo hanno ferito a morte. Al termine dell’Attività di Polizia, gli arrestati sono stati condotti presso il carcere di Modica a disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea.. Sino ad oggi e solo nel 2014, sono stati arrestati 32 scafisti dalla Polizia di Stato – Squadra Mobile – con la collaborazione della Guardia di Finanza e dei Carabinieri. Diverse sono le indagini della Squadra Mobile in atto per valutare la presenza di organizzazioni criminali che reclutano i migranti sul territorio italiano per far raggiungere loro il nord Europa clandestinamente.