Il nome Donnafugata, prima della contrada, poi del feudo e quindi del Castello, è di origine araba, secondo cui deriverebbe da ‘Ajn as jafât’ (fonte della salute), per la presenza di una fonte di acqua, poi trasformato nel dialettale Ronnafuata e quindi in Donnafugata.
Donnafugata che, da ‘fonte di salute’, potrebbe trasformarsi in fonte di problemi nel contesto del complicato affidamento in gestione ai privati del patrimonio turistico del Comune.
Già, e non si capisce il collegamento, sono cominciate a circolare strane voci in relazione all’affidamento, in occasione della vicenda di una costruzione privata, a servizio della balneazione, sulla spiaggia di Randello, guarda caso intrapresa da una struttura turistica con lo stesso nome del Castello.
Ora sono i consiglieri di opposizione Migliore, Tumino, Lo Destro e Morando, come si può leggere in altra parte del giornale, a sollevare eccezioni, e non di poco conto, arrivando a chiedere l’annullamento in autotutela della delibera che è atto di indirizzo per gli uffici preposti a istruite la procedura relativa.
Nell’interrogazione, con precisi riferimenti al Codice dei Beni culturali, (D.Lgs n. 42/2004), a cui giustamente fa riferimento la delibera stessa, si eccepisce che la concessione a terzi della gestione del patrimonio culturale deve esser fatta tramite procedura con evidenza pubblica e sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti, mentre l’amministrazione avrebbe deciso di scegliere il concessionario mediante gara informale su invito di almeno 5 concorrenti e con predeterminazione dei criteri selettivi, quando la procedura ristretta, ossia tramite l’invito diretto delle ditte, è legittimata solo nel caso in cui il criterio è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (D.Lgs 163/2006).
Rilievi non meno significativi vengono sollevati in ordine all’esiguità del canone annuo in relazione al godimento di proventi diversi, già di somma rilevante e consistente, che vengono percepiti, attualmente, dal Comune. In particolare si avverte l’esigenza di un piano finanziario dei conti di gestione dei suddetti beni culturali e delle relative entrate.
La preoccupazione che emerge è quella che, in presenza di procedure che potrebbero subire uno stop, a stagione turistica, peraltro, già avviata, verrebbe falcidiata, sul nascere, ogni qualsiasi strategia politica di marketing del territorio, comunque già in notevole e ingiustificato ritardo.
E per restare in tema di Donnafugata, rileviamo anche il perdurante silenzio sull’iniziativa tendente ad acquistare la collezione di abiti d’epoca Arezzo di Trifiletti, di cui non si sa più nulla.
C’è solo la sollecitazione, da parte di qualche isolato appassionato, sull’esigenza di dotare al più presto la città di questo pregevole patrimonio, sollecitazioni che, se da un lato sono segnali di encomiabile attenzione, danno adito, per la loro insistenza, a interrogativi su possibili interessi nella questione, relativi, per esempio, alla gestione futura della collezione.
Se la città, anche in un momento di grave crisi economica diffusa fra ampi strati della società, può aver condiviso di verificare la possibilità di acquisto della collezione, è opportuno, e di questo avverte la necessità l’opinione pubblica, un piano finanziario puntuale sui costi di gestione della stessa, impegnativo e da conoscere al momento dell’acquisto.
Tanti e tutte cogenti le problematiche che hanno per comune denominatore il nome Donnafugata.
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