Immancabile un giudizio positivo sull’azione della Procura della Repubblica di Ragusa soprattutto se l’indagine si rivolge su due filoni distinti ancorchè convergenti: la violazione di norme di legge sembra essere distinta dalle palesi concessioni di privilegi al privato, in spregio ai criteri di uguaglianza di tutti i cittadini sanciti dalla Costituzione.
Ci inchiniamo a tutte le norme e le tutele in materia ambientale, anche se rifuggiamo dalle posizioni estremiste che intendono imbalsamare tratti di territorio con grandi potenzialità in termini turistici.
In ogni caso, in democrazia, va accettato il principio di maggioranza che impone eleggi e tendenze, chi volesse il resort a sette stelle sulla spiaggia di Randello può sempre tentare con un referendum consultivo per cercare di scardinare la porta che racchiude il paradiso.
Tutto da vedere sarebbe un esito favorevole allo sviluppo economico e alla crescita del turismo che possa relegare in seconda linea una tutela assoluta del territorio, ma occorre riconoscere che, con le leggi e le misure attualmente in vigore, la strada per un vero turismo compatibile sarebbe lunga, difficile e tortuosa.
Come lo è stata per due facoltosi immobiliaristi inglesi, l’immobiliarista Alison Deighton, moglie dell’attuale Segretario al Tesoro del governo Cameron, e il magnate del petrolio Ian Taylor.
huffingtonpost.it, (http://www.huffingtonpost.it/2014/09/08/burocrazia-inglesi-resort- puglia_n_5783632.html?utm_hp_ref=italy )
in un articolo di Laura Eduani ci narra dell’incubo burocratico vissuto dai due inglesi:
‘’Doveva essere un resort a 5 stelle nella Puglia aperta al turismo mondiale, un albergo diffuso immerso nell’uliveto secolare di Nardò, in provincia di Lecce, cuore del Salento. Un investimento da 70 milioni di euro che sembrava superare persino le resistenze degli ambientalisti e avrebbe potuto dare lavoro a un centinaio di persone in un’area dove la disoccupazione giovanile supera il 50%. Ma è tutto rimasto sulla carta, perché dopo quasi sei anni gli investitori dell’Oasi Sarparea – questo il nome che avrebbe avuto il villaggio vacanze – stanno gettando la spugna, esasperati dalla burocrazia killer’’.
Dopo aver acquistato il terreno di 30 ettari per 5,3 milioni di euro, Deighton e Taylor nel gennaio 2009 cominciano a chiedere le autorizzazioni necessarie per avviare il progetto, che prevede di lasciare intatto l’uliveto e utilizzarlo per la produzione di olio extravergine.
Le ambizioni sono altissime, al punto che l’ideazione viene affidata a un avanzato studio di architettura di San Francisco che, nel 2010, ottiene proprio con l’Oasi Sarparea il primo premio all’American Architecture Awards, il riconoscimento più prestigioso per l’innovazione architettonica e del design.
“Si aspettano un percorso in discesa per chi ha scelto di investire tanti quattrini scommettendo sul turismo e l’agricoltura di qualità nel Sud Europa, ma si scontrano subito con ritardi, rinvii, richieste di integrazione di documentazione, di pareri non necessari, enti e uffici hanno chiesto “decine e decine di pareri” spesso in contraddizione con loro e i comitati ambientalisti si dividono sull’impatto ecologico del villaggio’’.
“Da una parte cerchiamo investitori che portino quattrini per creare attività che non inquinino, non riciclino denari sporchi, che permettano al nostro territorio di uscire dalla voragine della crisi scommettendo sulle proprie risorse e tipicità. Poi trattiamo questi soggetti come i peggiori furfanti”.
Di non facile lettura anche i giudizi sulla vicenda di autorevoli esponenti di Legamabiente:
“Se il villaggio turistico non si facesse più, perderemmo certamente soldi e acquisteremmo territorio”, problematizza Mimmo Giannuzzi, segretario del circolo di Legambiente di Nardò: “Sulla carta il progetto è molto interessante ed ecosostenibile. Cominceremmo ad opporci se in fase attuativa si rivelasse diverso e molto impattante”.
Opinione condivisa anche a livello nazionale: Sebastiano Venneri, ex vicepresidente di Legambiente ora responsabile Territorio e Innovazione, osserva che “il progetto dal punto di vista della legittimità era ineccepibile poiché doveva sorgere in un’area che il piano regolatore aveva destinato alle strutture turistico-ricettive. Legambiente non ha mai potuto dare un giudizio definitivo poiché non si è arrivati al piano di lottizzazione”.