Certo, è difficile comprendere il motivo per cui un sindaco si rifiuta di parlare con una associazione sportiva. A maggior ragione se il sodalizio in questione è tra i benemeriti della città nel senso che si occupa di portatori di handicap e che, in pochi anni, è riuscito ad assurgere al rango di realtà di rilievo, avendo conquistato titoli su titoli a livello regionale e nazionale. Ancora più incomprensibile la ragione per cui a fronte dell’attacco pubblico subito dal presidente della suddetta associazione, l’Handy sport, il sindaco non senta la necessità di chiarire, di spiegarsi, di scusarsi. Tutto tace nelle stanze dei bottoni di palazzo dell’Aquila. Eppure, questa è una di quelle vicende che meriterebbero rilievo. Perché non si può fare finta di nulla davanti alle istanze di chi combatte già tutti i giorni per vedere riconosciuti i propri diritti e si trova costretto a fare anticamera perfino nel palazzo comunale della propria città. No, c’è qualcosa che non quadra in questa vicenda. Nessuno vuole pensare che il sindaco sia insensibile e insensato fino a questo punto. C’è qualcosa che ci sfugge. Ma cosa, è difficile inquadrarlo. Se l’Handy sport ha dato pubblico sfogo alla propria mortificazione, è ovvio che il livello di guardia sarà stato superato da un pezzo. Tra l’altro, un consigliere comunale si è occupato di riprendere il caso annunciando che se ne parlerà pure in aula. Sarebbe bene che prevalesse il buon senso. E che Piccitto spiegasse le ragioni di questo comportamento. Così non ci fa certo una bella figura.