“I Siciliani sono insoddisfatti quasi su tutto e hanno perfettamente ragione. Noi dobbiamo tentare di convertire questa insoddisfazione in una soddisfazione se non totale, almeno parziale ed è questa la sfida che mi attende per i prossimi 5 anni”. Comincia così il confronto organizzato da Panorama d’Italia, oggi all’Auditorium San Vincenzo Ferreri, per la presentazione della ricerca «Sicilia, una regione allo specchio» realizzata da Inthera, Gruppo Mondadori, su lavoro, aspettative e valori dei siciliani.
Il 60% dei genitori vogliono che i figli vadano fuori:
“I genitori hanno bisogno di riporre le speranze lì, dove c’è futuro per i propri figli e secondo loro non è qui in Sicilia. La loro condizione di preoccupazione trova la mia comprensione. Anche io ho un figlio che per lavoro è stato costretto ad allontanarsi da casa ormai da qualche anno. Questa terra potrebbe divenire fonte di lavoro attivando una serie di meccanismi, che consentano, attraverso la rivalorizzazione delle imprese, di mettere a profitto i titoli di studio dei nostri ragazzi: laurea, diploma, la formazione. La scommessa è proprio questa, non è un caso che io abbia dedicato la mia vittoria ai miei figli, ai figli dei Siciliani perché sono loro il futuro, sono loro il ricambio, sono loro la rigenerazione e se mi consentite sono loro il vertice della nostra esistenza”
Sicurezza. Si chiedono più controlli da parte delle forze dell’ordine
“È vero, c’è un senso di insicurezza diffuso collettivo e individuale. Ci vuole più Stato, ci vogliono più Forze dell’Ordine perché quelle che ci sono, sono insufficienti nonostante si moltiplichino come i pani e i pesci per essere utili e stare sul territorio. Si sentono insicure persino le Guardie Mediche. Insomma c’è tutto da inventare”.
Un lavoro concreto a partire dai territori
“A partire dai sindaci che saranno i miei primi interlocutori. I sindaci sono l’ultima trincea o se volete la prima, a seconda dei punti di vista, e se cede il sindaco è chiaro che la Regione e lo Stato non hanno più un presidio sicuro e affidabile. Io penso che già un primo segnale lo abbiamo dato. Abbiamo distribuito circa 115 milioni di euro per investimenti ai Comuni secondo un piano di ripartizione trovato ma non firmato. Adesso dobbiamo capire che cosa troviamo in cassa, non mi faccio illusioni. Dobbiamo definire come preparare il nuovo bilancio, il nuovo documento di programmazione economico finanziaria e poi rimboccarci le maniche. Credo di riuscire entro la prossima settimana a chiudere il governo regionale definendo gli assessori e poi ognuno ai posti di combattimento”.
È questa la sintesi di un pensiero, quello di Musumeci, che riporta in tutta la sua ridondante retorica populista, i medesimi luoghi comuni della sua campagna elettorale, ben guardandosi dal dare risposte concrete, temi di governo, cose utili da fare entro e non oltre 100 giorni per invertire la rotta. Ci sono sempre e solo dichiarazioni di principio, analisi del problema. Come diceva Cunfucio, quando tu parli sempre del problema, finirai con diventare tu stesso il problema. È troppo presto per gridare al lupo, ma se il buon giorno si vede dal mattino, non mi pare che potremo aspettarci di meglio che di qualche buona parola e qualche pacca sulle spalle. Intanto la fermezza del suo parlare in campagna elettorale, e la certezza delle buone cose che sarebbero accadute si è trasformata in formula dubitativa. È un modo come un altro per affermare che la campagna elettorale è finita ed ora occorre governare.
Una certezza invece sembra averla Musumeci: non faremo nessun assessore di Ragusa, quanto meno nell’immediatezza.
Tanto ci dispiace per il buon Giorgio Assenza, che sicuramente meritava rispetto alla pletora di pretendenti, ed anche per Giovanni Mauro, che non è riuscito sottrarsi al morso del ragno modicano, al tessitore della tela sottile, che aspetta sempre che tutto finisca nella sua trappola.