Scopo dell’informazione orientata, come quella che cerchiamo di fare, immeritatamente, con il nostro Giornale Ibleo, è proprio quello di aprire discussioni, di provocare ragionamenti, esplorare ambiti della nostra conoscenza, creare dubbi. Certamente non è il mio, il nostro lavoro, e lo facciamo nel tempo residuo di giornate vissute al limite del possibile, nella quotidiana corsa ad ostacoli che è diventata la vita di tutti i giorni, con il preciso convincimento che la scrittura e la diffusione del nostro pensiero, ci appaga, ci riempie di un vuoto. E mi fermo qui.
Tanto premesso, pensare che io possa scrivere, non di opinioni politiche, ma di diritto, per accondiscendere uno schieramento ovvero un altro, è un pensiero talmente banale che non merita neppure una risposta.
Una considerazione, però, la voglio fare. Non so quanti hanno avuto la capacità di cogliere la differenza che esiste tra un articolo firmato da Editore, ed un articolo firmato Nitto Rosso.
Ecco, quando parlo di alcuni argomenti particolari, (pochissimi), come il diritto, sono io, e non l’altro di me, con la mia professionalità e con tutto quello che credo e che è sempre stato il cardine della mia vita.
Chiedete all’altro di me di esprimere una opinione della politica e vi troverete davanti una persona pronta a dissacrare, a prendersi in giro, ad ironizzare, a fare satira, nel rispetto, ovviamente dei propri convincimenti e dei convincimenti altrui.
Ma noi stiamo parlando di diritto e vogliamo approfondire un argomento molto interessante che, senza dubbio, non riusciremo a dirimere, non essendo tra le nostre qualità e competenze, quelle giurisdizionali, attribuite ad un determinato potere dello Stato.
Abbiamo tentato di leggere e rileggere una norma di legge insieme a voi, e con voi vogliamo continuare questa riflessione.
La questione è l’attribuzione del premio di maggioranza, ed in particolare se deve essere di 15 o 14 consiglieri. Occorre fare una breve premessa per neofiti della materia. La Sicilia, apparentemente, gode di una autonomia statutaria che, proprio su questa materia, diventa potestà esclusiva e primaria.
Significa che leggi dello Stato, relativamente a questa materia, non si applicano. Accade, però, che per uniformare il nostro sistema siculo alla ortodossia italica il legislatore regionale, con i suoi tempi e con le sue grazie, recepisce a distanza di qualche anno le leggi dello Stato e la trasforma in norme regionali.
Così, in Italia esiste il Testo unico per gli enti locali, ed in Sicilia esiste l’Ordinamento regionale degli enti locali, che è un compendio di norme, di leggi e di circolari, che, di fatto, recepiscono principi e dettami di leggi dello Stato. Accade, pertanto, che in Italia la riduzione del numero dei consiglieri comunali è entrato in vigore con la legge n. 78 del 2010, mentre in Sicilia abbiamo dovuto attendere il 2016 per avere una norma che recepisse questi criteri. Il problema però è identico.
Il legislatore del 2010 non ha avuto il tempo di calcolare di quanto ridurre il numero dei consiglieri, ed ha apportato un taglio orizzontale uguale per tutti, il 20 %, senza porsi il problema che, da quel momento, sarebbe accaduto che quelli che prima erano numeri interi sarebbero diventati numeri decimali.
Il problema sbarca in Sicilia nel 2016, ma la sostanza non cambia. Accade ad esempio che il 60 % di 30 consiglieri era con esattezza 18, ma adesso, dopo la riforma e la riduzione a 24 consiglieri, come si calcola il 60 % di 24, non essendo il risultato un numero intero?
Questo è il problema che si è posto in Italia dopo il 2010 e che adesso si sta ponendo anche in Sicilia.
Il lavoro che deve svolgere l’interprete deve essere primariamente un lavoro di esegesi sul testo di legge.
Non è dunque un caso che, nell’apertura del mio pezzo pubblicato in testata ieri, ho aperto proprio con il testo della legge. La norma giuridica non può andare oltre il testo letterale della legge, e la legge, inequivocabilmente, impone che al candidato sindaco proclamato eletto sia garantito il 60 % dei seggi disponibili. Tuttavia, la mera circostanza che il risultato è un numero decimale, presuppone un arrotondamento in eccesso ovvero in difetto. La questione è tutta qui, ed i dubbi interpretativi sorti sono stati soluti dalla giurisprudenza in modo non equivoco.
Da una parte l’interesse a garantire la governabilità è ritenuto dal legislatore bene giuridico protetto e per l’effetto individua una clausola di garanzia, un premio pari al 60 %. Dall’altra parte, invece, il diritto delle opposizioni a vedere applicato il principio della rappresentanza e rappresentatività democratica, diversamente da come verrebbe compresso da un premio di maggioranza che va ben oltre le prospettive della misura indicata dal legislatore, in virtù di una concessione che, per via dell’arrotondamento per eccesso, pur non avendo alcuna previsione normativa, ha trovato una certa giurisprudenza a favore.
Io, tuttavia, nella mia nota precedente non ho inteso entrare nel merito del dibattito dottrinale in considerazione del fatto che, comunque, esiste una norma giuridica che, ad oggi, non è stata superata da altra norma.
Sulla scorta di quanto sopra premesso, ovvero che la normativa regionale trae principio dalla legge dello stato, e considerando la legge dello stato, in materia, l’art. 73 della legge 267 del 2000, occorre avere riguardo della circolare n. 8 del 2012 del Ministero degli interni, rappresentata nella foto.
Vi trascrivo integralmente cosa viene scritto nella circolare: “Sempre in merito all’applicazione dell’art. 73, comma 10, del d.lgs. n. 267/2000, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 01197/2012, ha ulteriormente precisato che, in assenza di specifica disposizione normativa, la percentuale del 60%, da assegnare in virtù del premio di maggioranza, deve essere determinata sempre attraverso l’arrotondamento per eccesso, anche nei casi in cui il numero dei consiglieri da attribuire alla lista o gruppo di liste collegate al sindaco vincente contenga una cifra decimale inferiore ai 50 centesimi. Ciò in quanto l’arrotondamento per difetto dei seggi da assegnare alla lista o gruppo di liste collegate al sindaco vincente non consentirebbe di raggiungere la percentuale minima di seggi alle stesse riservati (60%) e ciò “non corrisponderebbe nè alla ratio della norma, nè alla volontà del legislatore, rivolta a perseguire il fine fondamentale della migliore governabilità dei medi e grandi comuni”.
Questa circolare viene scritta prima che giunga una seconda pronuncia del Consiglio di Stato, la 2098 del 2012, che riapre la questione accogliendo la tesi delle opposizioni a vedere rispettato un criterio di arrotondamento che segua la cifra decimale più favorevole, e dunque sotto lo 0,5 va arrotondato in difetto, sopra lo 0.5 andrebbe arrotondato per eccesso. Tale criterio, però, è rimasto ascrivibile solo a quella pronuncia e non ha comportato alcuna modifica del piano normativo.
Il complesso delle norme giuridiche va tratto primariamente dalla legge, poi dalle fonti secondarie, ed infine, in assenza, anche dai principi desumibili per analogia legis.
Ma, nel caso che ci occupa, noi abbiamo un complesso di norme giuridiche precise, ovvero la circolare n. 8 del 2012 che, seppure norma di rango secondario, rappresenta pur sempre una fonte normativa. La stessa, come ho già precisato, non ha subito alcuna revoca o modifica, ma permane nel nostro sistema – ordinamento giuridico.
Ritengo, tuttavia, il mio punto di vista, una questione veramente aperta. In Sicilia, il pretendente di un altro comune, Sciacca, per quanto non si conosce bene se vi è stata contestazione o mera acquiescenza del risultato, ha vinto la concessione di un premio di maggioranza a 14 e non a 15.
Questo fa ben sperare chi ha agganciato a questa ipotesi la propria candidatura. Ci sono candidati che, da questa interpretazione, ne ricaverebbero la loro elezione. Lasciamo dunque che a dirimere il caso sia l’ufficio elettorale, come è giusto che sia.
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