Un atto quasi formale, l’approvazione del bilancio consuntivo 2017 del Comune di Ragusa, un atto intriso di mille contraddizioni, che arriva in aula con un forte e colpevole ritardo della vecchia amministrazione, la cui macchina del comparto finanziario avrà viaggiato all’insegna del ‘chi va piano va sano e va lontano’ ma non ha mostrato, soprattutto negli uffici, piloti di eccezionale valenza.
Un atto della vecchia amministrazione che viene propinato, in unica dose, a dei novizi della politica per le incongruenze del sistema.
Quando ci sono elezioni di mezzo, tutto dovrebbe essere predisposto nei termini, in anticipo sul giorno delle votazioni, pena l’esclusione degli amministratori e della loro parte politica dalla competizione elettorale.
Un atto che, come avviene di solito, viene preparato in fretta e furia, approvato dalla giunta e sottoposto al Consiglio mentre un commissario inviato dagli enti locali, è sulla strada, fortunatamente lunga e impervia, che da Palermo porta a Ragusa, per il solito teatrino del commissariamento, solito spettacolino, come quelli che si fanno a Ragusa, buoni per ogni colore politico, di destra o di sinistra.
Ci si attenderebbe una relazione quanto mai esaustiva sul documento, non una semplice lettura delle carte, in condizioni normali ci si attenderebbe che, non tutti ma almeno qualcuno dei consiglieri, entrasse nel merito dell’atto, se non per delle modifiche almeno per valutare quegli aspetti che una nuova amministrazione deve mettere a fuoco per un cambiamento, se lo ritiene opportuno.
Ci voleva una relazione conclusiva che mettesse a nudo eventuali criticità, invece pare che molto sia stato fatto sul modello lasciato dalla vecchia amministrazione, tanto che l’ex assessore posta su facebook delle conclusioni che sembrano della sua amministrazione mentre sono frutto, formalmente, della nuova.
Non sono illazioni o impressioni di chi scrive ma fatti che hanno avuto autorevoli condivisioni.
Una presa d’atto che, comunque, assume valore e fa assumere esperienza per, quel bilancio preventivo che deve costituire la carta, il manifesto della nuova amministrazione, con quel corredo di emendamenti, anche non approvati, che devono mostrare le vere intenzioni delle opposizioni.
Per cinque anni abbiamo sentito lamentele per il verde pubblico e per servizi di ogni genere, segnaletica, videosorveglianza, lavori pubblici, manutenzioni, ma mai nessuno ha fatto proposte concrete per tutto quello che evidenziava: doveva uscire tutto dal cilindro dell’amministrazione, come si suo dire, ‘senza mettere un dito nell’acqua calda’.
Il primo consiglio comunale dedicato ad atti importanti ha fornito il quadro di quello che sarà il futuro della vita consiliare.
Un sindaco che, al contrario del predecessore, è intenzionato ad offrire la sua presenza in aula, una giunta che vuole fare lo stesso in ossequio alle istanze dei consiglieri, una compagine di maggioranza che scaturisce sì dalle norme elettorali, al traino diretto del primo cittadino, ma che appare, come la precedente, una sua emanazione esclusiva, non rappresentanti del popolo ma del primo cittadino, una truppa di ‘yes man’ che mai voterebbero in contrasto con quanto deciso nelle stanze del potere.
Ma, forse, è il sistema attuale che porta a questo.
Componente importante le opposizioni, le minoranze, che dovrebbero essere, come dicono i saggi, il sale della democrazia.
Nella passata consiliatura c’era opposizioni agguerrite, alcune invero solo di facciata, ma che hanno svolto malamente il loro ruolo, soprattutto in termini di strategie che sono rivelate fallimentari, in termini di contenuti e di comunicazione, tanto da provocare l’uscita di scena di quasi tutti gli attori.
Quel che resta non sembra poter impensierire l’amministrazione, elementi isolati, senza partito, chi non è isolato e ha un partito soffre le divisioni interne e la crisi profonda dello stesso partito, tutti accomunati dagli appelli alla collaborazione, alla condivisione, alla comunanza di intenti per il bene della città, con qualcuno che, addirittura, ha dichiarato, che non ci sarà opposizione all’amministrazione Cassì.
Un caso a parte la componente 5 Stelle, in ogni caso ininfluente dal punto di vista numerico, che soffre della fresca sconfitta elettorale, che non presenta nulla di rivoluzionario, che non sembra intenzionata a fornire una opposizione ferma e risoluta.
Una opposizione che fino a pochi giorni prima era al timone dell’amministrazione non può togliere veli su situazioni delicate, in tema di urbanistica, di spettacoli, di cultura, di lavori pubblici, di ambiente e di rifiuti, senza cadere in forti contraddizioni.
Una opposizione 5 Stelle che è partita con il piede sbagliato, a cominciare dalla ex presidente del consiglio che ha censurato l’attuale presidenza per il ritardo, 12 minuti, nell’avvio della prima seduta, dopo che nella passata consiliatura si attendevano i cocci della vecchia maggioranza anche per ore.
Una opposizione che si muove all’insegna dei tanto vituperati comunicati stampa per segnalazioni spesso banali, gli stessi che hanno portato alla sfiducia nei confronti di opposizioni inutili, nel passato.
Opposizioni, tutte assieme, che hanno dato vita, in aula, all’ “opposizione delle opposizioni”, termine felice utilizzato dal consigliere Firrincieli del Movimento 5 Stelle che ha trovato la divertita condivisione del Sindaco.
Purtroppo, per molti dell’opposizione, PD e 5 Stelle in particolare, la campagna elettorale non sembra finita, come i giapponesi rimasti nelle trincee e nei bunker sotterranei, i superstiti della battaglia elettorale sembrano ancora in campagna e non tralasciano occasione per beccarsi, una disperata lotta fra sconfitti che li acceca di fronte alle vere emergenze della città.
Da tutti maggioranza e opposizione, ci saremmo aspettati appelli per le criticità del territorio.
Nessuno ha sollecitato interventi per capire come stanno le cose per la Ragusa Catania, per l’autostrada, per l’aeroporto di Comiso, per il Corfilac, per l’Università, per il nuovo sistema della raccolta differenziata, per il cinema Marino, non si tratta di risolvere tutti problemi con un colpo di bacchetta magica ma occorre che la città sappia come stanno le cose.
Ci sono troppe cose ferme, da troppo tempo: un esempio per tutti.
Un consigliere, si legge sulla stampa, si arroga il compito di interessarsi dell’impiantistica sportiva e promette di venire a capo, fra le altre, delle problematiche che investono la pista di pattinaggio del viale Colajanni, eterna incompiuta della città.
Al riguardo sarebbe meglio, invece di attendere ancora il lavoro encomiabile del consigliere, capire subito perché, dopo un annuncio che i lavori della pista erano stati ultimati, tutto è fermo, inspiegabilmente bloccato attorno alla costruzione degli spogliatoi e dei locali di servizio che dovevano essere i primi ad essere pronti.