Era il 14 aprile 1941 e un aereo militare tedesco cadde su un’abitazione di via Cagliari, a Marina di Ragusa, appartenuta alla famiglia Carnemolla ed individuata al civico 26/28. Morirono cinque persone. Ma quel giorno del 1941, i bombardamenti uccisero a Marina ben 11 persone. Fra i sopravvissuti a quel tragico incidente, anche un uomo, Turiddu Ricci, che allora aveva appena 12 anni. La sua storia è stata raccontata da un bellissimo docu-film, un corto di circa 10 minuti realizzato dal giovane regista Marco Villari e intitolato “E Mazzareddi”.
Marco Villari, 25 anni, regista e videomaker siciliano di Santa Croce Camerina. Studente universitario già laureato al triennio di Arti Tecnologiche e specializzando in Nuove Tecnologie dell’Arte, indirizzo Cinema e Video.
Il documentario è stato realizzato nel 2017 in occasione della mia tesi di laurea e presentato al concorso nazionale “Talent Video Awards” di Milano, al quale è arrivato tra i 10 finalisti (anno 2017). Inoltre è stato presentato ed è arrivato alla finale del concorso nazionale “Corto in Accademia” di Macerata (anno 2017).
Il corto è una lunga intervista a Turiddu Ricci, nato e cresciuto in Sicilia durante gli anni della seconda guerra mondiale, in condizioni di estrema povertà. Decide di riscattare la sua condizione emigrando alla ricerca del sogno Americano e di un futuro migliore per sé e per la sua famiglia.
Il percorso narrativo parte dal 1934, anno di nascita del protagonista Turiddu Ricci. Il documentario ripercorre le drammatiche condizioni di questo piccolo paesino durante gli anni della seconda guerra mondiale: le bombe lanciate sulle case dei civili, i comizi dei leader, le rappresaglie e la paura vissute con gli occhi del protagonista che, ai tempi, era solo un bambino. Quella di Turiddu è stata un’infanzia difficile, segnata oltre che dalla guerra, dalla morte
del fratello e dalle condizioni di estrema povertà della sua famiglia. Tutto ciò ha contribuito a far crescere velocemente il piccolo Turiddu, che a soli 6 anni era obbligato a lavorare scalzo e affamato su di un peschereccio; a percorrere chilometri attraversando un fiume per andare a trovare la nonna anziana; a dover sperare che tra le macerie della sua casa distrutta da un aereo militare non ci fossero la madre e i fratelli. Una volta adulto, decide di partire clandestinamente alla volta dell’America per cercare di far fortuna ma suo malgrado viene scoperto, incarcerato e successivamente rimandato in Sicilia.
Qui trova l’amore ma a breve viene chiamato a lavorare come marinaio, che gli permette di girare tutto il mondo su di una nave e di intraprendere parecchie avventure.
Negli anni ’60, nonostante in Italia si viva il cosiddetto “boom economico”, Turiddu nel suo piccolo paese ha poca fortuna. “Il mare è diventato avaro”, come ripete spesso ai giornali che si interessano alla sua storia, essendo lui il bagnino più conosciuto e popolare di Marina.
Decide quindi, visto anche il richiamo della sua famiglia d’origine già emigrata e stabilita in America, di partire alla volta del nuovo continente insieme alla moglie e ai suoi 3 figli. Il protagonista naviga un mese per poter infine sbarcare sulle coste americane, dove intraprende vari tipi di lavori per sostenere la famiglia e riuscire a mettere da parte dei soldi con la speranza di far ritorno alla sua amata terra.
E lo farà perchè, come dice Turiddu stesso: “Ho girato il mondo, ma non c’è cossa più bella di tornare a casa”.
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