Tre donne gestivano da sole tra Modica e Scicli un giro di usura che aveva coinvolto decine di vittime tra commercianti, artigiani e casalinghe in evidente stato di bisogno. Per tutte sono scattate le manette dei carabinieri le cui indagini erano partite poco più di un anno fa dal suicidio del già direttore dell´ufficio postale di Scicli Guglielmo Delibera. L´uomo, trovato impiccato nella sua casa di Marina di Modica, stando a quanto reso noto dai militari, aveva avuto dei contatti telefonici con una delle 3 donne che gestivano in autonomia il giro di prestiti ad usura.
Le loro vittime designate erano persone che versavano in grave disagio economico e quindi bisognose di denaro liquido ad ogni costo. Nella loro rete erano finiti commercianti, agricoltori, artigiani e casalinghe, dai quali venivano pretesi interessi a tassi usurai tra il 20 e il 60% per il denaro prestato. Il terzetto ben organizzato era composto da tre donne, di cui due madre e figlia, finito in manette all’alba di mercoledì, nell’ambito dell’operazione «Donne d’affari» condotta dai carabinieri della compagnia di Modica, diretti dal capitano Francesco Ferrante, tra Modica e Scicli. Le arrestate sono Maria Concetta Neri (colei che aveva avuto dei contatti con il già direttore delle poste suicida), Giovanna Imbergamo e la figlia di quest´ultima Eleonora Brafa, di 59, 62 e 41 anni (da sinistra nella foto).
Sono accusate di usura aggravata in concorso, illecita attività di intermediazione finanziaria senza iscrizione agli albi e minacce aggravate. Per convincere difatti le loro vittime a pagare, le tre donne facevano riferimento a dei fantomatici «Amici pericolosi di Catania», ricordando in maniera sibillina che «Dietro le donne ci sono sempre gli uomini».
Il sistema organizzato dal terzetto, che secondo i militari dell’arma valeva un giro di affari di circa 100 mila euro, si basava anche sulla complicità di impiegati di fiducia di alcune finanziarie. Le tre donne difatti consentivano l’erogazione dei prestiti alle loro vittime, che dovevano pagare per questo, e a loro volta giravano delle ricompense agli impiegati conniventi che, per facilitare l’iter, «oscuravano» le reali posizioni creditizie delle vittime in evidente stato debitorio.
Quindi le tre indagate prestavano direttamente soldi a tassi usurai alle loro vittime, oppure le facevano pagare per ottenere, tramite la loro intermediazione e i loro complici, dei prestiti dalle finanziarie che altrimenti non sarebbero mai stati concessi. Non a caso alcune delle vittime avevano sviluppato una sorta di “adorazione” per le 3 donne finite in manette, perché le vedevano come la loro unica ancora di salvezza per tirare avanti. Ad incastrare le tre donne anche numerosa documentazione probante sequestrata dai militari, quali cambiali, ricevute, assegni ed altro materiale ancora.