Il pettegolezzo consente il coinvolgimento, il contatto reciproco, si riscontra nelle relazioni in tutte le culture ed assolve alcune funzioni importanti come aiutare a definire il modo di comportarsi nei riguardi degli altri, rendere più interessanti le nostre interazioni, comunicare un’immagine di sé attraverso la condivisione e l’affermazione di valori. Non va confuso con la calunnia: esso non denigra il suo oggetto ma suggerisce interrogativi e rimanda ad ulteriori indagini, come un testo lacunoso stimola lo studioso a compiere più approfondite ricerche. Non mira, principalmente, ad offendere il prossimo ma a scoprire la sua vera identità sotto il profilo etico e tende a cercare riscontri e ad appurare la verità dei fatti.
Fiorisce nelle comunità ristrette ed esclusive e prospera se i suoi proseliti sono attenti osservatori e dispongono di tempo e capacità da dedicare alla conversazione.
Tali erano le dame che sorseggiavano tè alle cinque in epoca vittoriana o le vecchine che s’ incontravano all’imbrunire per fare rapporto su ciò che era accaduto nella parte di paese sottoposta alla loro vigilanza.
Il pettegolezzo, nonostante la presenza di eventuali testimoni, sempre gradita, non ha valore per i suoi estimatori in base alla verità o falsità di ciò che è riferito, ma perché è interessante dal punto di vista morale. Esso si propone, infatti, di verificare e valutare la corrispondenza dell’applicazione di principi, condivisi in un dato gruppo di persone, alle diverse circostanze, capire se l’immagine pubblica di una persona e le sue condotte quotidiane corrispondono.
Le conoscenze che provengono dalla psicologia sociale sull’identità sociale ci dicono che quando un individuo si presenta, in modo più o meno esplicito, come una persona di un certo tipo, fa agli altri una richiesta di tipo morale, li obbliga a valutarlo e trattarlo come si addice a quel tipo di persona.
Se immaginiamo le persone come attori impegnati a recitare una loro parte sul palcoscenico della vita, comprendiamo che la rappresentazione funziona se attori e pubblico condividono una serie di regole del gioco, un copione, di cui abbiamo sempre bisogno per comprendere il contesto sociale in cui ci muoviamo. Il pettegolezzo è lo sguardo indiscreto, l’informazione carpita agli attori al margine dello spettacolo, nel momento in cui depongono la maschera e si lasciano andare credendo di non essere osservati. E’ uno sguardo che può essere impietoso, poco rispettoso della privacy altrui, ma non è una vana curiosità. E’ un modo che hanno a disposizione le persone per esprimere, drammatizzare e incorporare nella vita quotidiana le loro percezioni morali.
Ad alcune persone, ad esempio leader politici e religiosi, è chiesto di essere più vicine ad altre al paradigma ideale, in forza della loro posizione e funzione nella comunità, e a loro vengono richieste particolari garanzie di affidabilità sul piano morale.
Attraverso il pettegolezzo si preservano i contesti sociali dalla ‘deriva morale ’ che scaturirebbe dal lasciar correre senza alcuna sanzione una serie di violazioni di principi che il gruppo considera importanti. Tale slittamento potrebbe essere evitato anche attraverso il rimprovero morale esplicito, che però crea una situazione di conflitto interpersonale sgradevole e socialmente costoso. Solo alcune persone, poi, hanno l’autorità per muovere rimproveri in termini morali (genitori, insegnanti, sacerdoti…) mentre alle persone comuni, non viene di norma riconosciuto il diritto di muovere rimproveri morali per scoraggiare la comparsa di comportamenti scorretti, a meno che le conseguenze che ne derivano siano gravi e che le persone che fanno il rimprovero siano le vittime.
Il pettegolezzo offre un’elegante e comoda strada per aggirare il problema ed evitare il conflitto: il rimprovero arriva a destinazione, ma per vie indirette senza una sfida diretta all’immagine pubblica della persona, permettendo così al gruppo di preservare e sviluppare la propria fisionomia morale senza innescare conflittualità interne. Il problema non è il pettegolezzo ma la qualità etica di chi lo pratica; se esso viene utilizzato per emarginare le persone che non sono gradite e denigrare le idee che si temono, diventa uno strumento di ricatto e prepotenza. Se invece fa emergere le problematiche etiche dei gruppi può diventare un fattore di chiarificazione normativa e di sviluppo di relazioni interpersonali più intense tra i membri della collettività.