In tutta Italia, oggi 15 Marzo, si celebra la VI Giornata Nazionale dedicata ai Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione. L’iniziativa parte da un padre, Stefano Tavilla, che a Marzo del 2011 ha visto morire la propria figlia di bulimia all’età di 17 anni e che, come Presidente dell’Associazione “Mi nutro di vita” di Genova, ha dato vita, sei anni fa, alla prima Giornata Nazionale del “Fiocchetto Lilla”. “Non può, non deve capitare ad altri – racconta in un’intervista – La morte di mia figlia deve servire a tutte le persone e le famiglie che vivono un dramma di questo genere. Il dramma di vedere chi ami che piano piano si spegne, non ride più, non mangia o vomita. Non accetta di farsi curare e a te resta la sensazione di non aver fatto abbastanza”. Padri, madri e familiari come lui ce ne sono molti in Italia, che vedono, a volte temono o negano questa sofferenza e non sanno come fronteggiarla.
È in questo senso che la giornata nazionale vuole agire, attraverso incontri specifici, attività di sensibilizzazione, campagne di prevenzione, coinvolgimento delle testate giornalistiche, affinché si rifletta, non solo oggi, su questa problematica, simbolizzata dal fiocchetto lilla, segno scelto per ricordare la delicata fragilità di questa difficile sofferenza, che interessa maggiormente le donne e in Italia rappresenta la prima causa di morte in giovani tra i 12 e i 25 anni d’età. Il dato è allarmante e il fenomeno vanta una crescita esponenziale, mettendo in risalto “le difficoltà relazionali tipiche del nostro contesto culturale, nel quale sono state messe in crisi le appartenenze e i legami”.
Questo articolo vuole essere non solo un modo di entrare in contatto con la gravità e la sofferenza di questi disturbi ma anche un modo per riflettere sul nostro modo di gustare e rapportarci con il cibo. In effetti il gusto è un senso molto importante: se ci pensiamo bene è il primo senso ad essere intaccato quando ci accade qualcosa di nuovo, importante o difficile. Non abbiamo fame quando viviamo un momento difficile, o troppo bello; possiamo aumentare l’assunzione di cibo quando abbiamo difficoltà a gestire delle emozioni, o possiamo sentirci in colpa se abbiamo mangiato troppo. Cosa accade quando questo diventa la modalità prevalente del nostro entrare in contatto con il mondo? Quando attraverso il cibo chiudiamo le frontiere in modo rigido? Quando ci arrendiamo al mondo e ingoiamo tutto per poi liberarcene? Quando ingoiamo il mondo per riempire un vuoto che nessuno può colmare?
Come sappiamo, i disturbi alimentari, soprattutto l’Anoressia, sono presenti da tempo e in più paesi, ma proprio nel contesto attuale si tingono di una specificità nella diagnosi e nella cura, legata alla società in cui viviamo, in cui la lotta per la propria identità è di fondamentale importanza: secondo il modello teorico-clinico della Gestalt Therapy, l’identità, che permette a ciascuno di vivere e abitare il proprio corpo con fiducia e forza, nei disturbi alimentari è fortemente compromessa.
Nell’anoressia assistiamo ad un congelamento dell’identità e con l’irrigidimento nei confronti del cibo si tenta di proteggere l’identità fragile, non permettendo a nessuno di entrare, chiudendo le frontiere al mondo e inevitabilmente alla relazione con l’altro.
Nella bulimia, caratterizzata dalla mancanza di fiducia in sé stessi e nella propria forza, assistiamo ad un annullamento dell’identità, che ha come conseguenza “l’ingoiare il cibo senza masticarlo senza farlo proprio, e così sarà costretto a rigurgitarlo da solo in un ritmo ossessivo, scoordinato e torturante”.
Nel binge-eating (iperfagia), infine, è presente un vuoto dell’identità: sentendo dentro un vuoto insaziabile “perché non riesce a raggiungere l’altro e a sentirsi raggiunto da lui, tenterà di riempire l’anima con il cibo, abbufferà il proprio corpo in una coazione a ripetere incapace di placare il grido di dolore e di solitudine della sua esistenza”.
Se letti come disturbi relazionali, così come elaborato dal modello di G. Salonia, secondo il quale è fondamentale leggere le patologie tenendo fortemente presenti i vissuti corporeo-relazionali e la trama familiare e relazionale da cui emergono, i disturbi alimentari necessitano di un’attenzione (terapeutica) che miri a ripristinare la spontaneità del corpo, in un ambiente accogliente, fatto di fiducia, forza, chiarezza, contenimento, in cui si possa sperimentare una relazione da gustare, “che non minacci la perdita del proprio essere autonomi e la propria autenticità”.
Dott.ssa Stefania Antoci, Psicologa-Psicoterapeuta della Gestalt
mail: antoci.stefania@gmail.com
Fonti:
Salonia G.(2010) Sulla felicità e dintorni. Fra corpo, parola e tempo, Edizione nuova, Il pozzo di Giacobbe, Trapani.
Salonia G., Antoci S., Lisi R., Resistenza o resa. Gestalt Therapy e disturbi alimentari, Il pozzo di Giacobbe, Trapani, in press.